I ristoranti italiani fra incertezze e chiusure
E se Venezia, Firenze e Roma sono rimaste orfane dei turisti, anche altri capoluoghi hanno visto migrare la clientela locale in provincia, dove le cose sono andate meglio.
Come riaprirà Milano, dove lo smartworking sembra diventare qualcosa di sistematico che ovviamente non potrà assorbire l'offerta dei pasti a mezzogiorno? Intanto in Galleria Vittorio Emanuele riaprono anche il Biffi e altri locali storici, quasi a scongiurare il ritorno ad un lockdown che sembra quanto mai improbabile, in Italia come in altri paese europei, dove i contagi sono anche quattro volte quelli di ritorno registrati a casa nostra.
In Inghilterra, fino a fine mese, lo Stato paga il 50% del conto al ristorante (ma con un tetto massimo di 11 euro) per chi si siede nei primi tre giorni della settimana. Un investimento di 200 milioni di euro che ha smosso soprattutto i giovani, ma che rimane un palliativo di fronte ai problemi che con l'autunno emergeranno.
E se non si parla più di "settembre nero" o "autunno caldo", sta di fatto che molte scadenze dovranno essere onorate. Come quelle degli affitti. In Toscana, per esempio, solo il 25% dei proprietari ha concesso un ricondizionamento dei contratti; gli altri hanno trovato un muro, che le parti sostengono sia stato issato dallo Stato che non si è fatto carico anche dei mancati canoni.
Intanto si infittiscono le iniziative delle Forze dell'Ordine per controllare il rispetto delle norme anti Covid. E in Lombardia sono piovute multe salate e chiusure di locali. Come a dire: nessuno ha decretato il liberi tutti, soprattutto su atti irresponsabili. Si apre dunque un periodo di "resistenza" nel mondo della ristorazione italiana che necessariamente porterà a dei cambiamenti. Anche se, dall'osservatorio di una guida ai ristoranti (il Golosario ristoranti, ndr), le chiusure sono state meno del previsto, mentre le incertezze sono di più. Ma tutto sommato i ristoranti che hanno riaperto, al netto di quelli in città, hanno lavorato bene. Il che può far pensare a una lenta migrazione di location, dal centro alla periferia, ovviamente tutto sotto la responsabilità di ogni singolo imprenditore.
Resta tuttavia la domanda: come evitare quella solitudine che ha portato il ristoratore di Firenze al gesto estremo? È il momento dell'associazionismo - bisogna crederci - e di un dialogo più sereno con le istituzioni. Perché da soli si rischia il panico e molto di più.