I rischi del vino senza nome
a «bottiglia nuda» e senza alcuna indicazione del produttore. Il consumatore ha come garanzia quella del venditore. Quello che si è creato è una sorta di mercato all'ingrosso che ha avuto un successo strepitoso nei consumatori australiani e che, ovviamente, ha fatto venire i brividi ai produttori italiani ma in generale europei. Tanto da provocare immediatamente una vera e propria levata di scudi da parte dell'Unione italiana vini (Uiv) che ha parlato, commentando la notizia, di uno strumento per mandare «letteralmente a pallino tutti i discorsi legati al rafforzamento del marchio, alla sua immagine, agli strumenti utilizzati per imporlo sul mercato». E, a poco vale la circostanza che tutto sarebbe provocato dalle eccedenze di raccolto create nel 2005 e nel 2006. Il successo è talmente ampio che la stessa Uiv dubita - con ragione - che il fenomeno possa esaurirsi entro quest'anno viste le previsioni di una vendemmia scarsa. Anzi, ormai esistono siti Internet che hanno sposato con entusiasmo, in qualche caso specializzandosi, la tipologia dei «cleanskins wines». D'altra parte, i prezzi di questi tipi di vini variano dai 7 ai 18 dollari australiani. Niente in confronto ai costosi vini europei e, soprattutto, italiani. Un'altra forma di concorrenza sleale, dunque, che dà ragione al presidente di Coldiretti, Sergio Marini, che aveva messo in guardia il comparto vitivinicolo italiano presentando - al recente Vinitaly di Verona - il "wine kit" predisposto per farsi il vino in casa: un vero e proprio colpo basso ai produttori nostrani di Chianti, Barolo, Frascati e altri vini dello Stivale famosi ovunque. Sembra, cioè, che sia in atto una vera e propria offensiva conto la qualità agroalimentare dichiarata e garantita senza segreti. Una specie di guerra aperta contro olio, vino, conserve, lattiero-caseari italiani «colpevoli» semplicemente di avere il nome giusto per vendere in tutto il mondo. E non c'è da stupirsi, visto che il mercato dell'agroalimentare italiano esportato vale sempre di più. Basta pensare che il solo vino Made in Italy nel 2006 ha realizzato un boom delle esportazioni pari al 6,5% in valore, che ha raggiunto la cifra record di 3,2 miliardi di euro per un quantitativo di oltre 18 milioni di ettolitri, su un fatturato totale di 9 miliardi di euro.