Era fatale che questo libro di Calvino, rimasto inedito per più di mezzo secolo, prima o poi fosse pubblicato: esce ora da Mondadori Un ottimista in America 1959- 1960. Il titolo lo scelse Calvino stesso, per poi decidere di non farne niente. Gli sembrava un libro «troppo modesto come opera letteraria e non abbastanza originale come reportage giornalistico». A quei tempi gli scrittori erano più severi con se stessi, o solo più ambiziosi. Letto il libro, riconosco che Calvino aveva ragione. Non c’era invenzione stilistica e le idee che gli erano venute in mente nei sei mesi di permanenze e attraversamenti dall’Atlantico al Pacifico, non erano idee molto nuove. Forse non aveva letto e studiato abbastanza prima di partire. Forse si era sentito più americano quando era in Italia fra gli italiani, mentre in America scopriva di essere europeo. Il suo Hemingway lo aveva già digerito, non gli serviva più. Le fiabe italiane che aveva raccolto e a cui si era appassionato, forse avevano rafforzato le sue radici europee. Cominciava allora a scoprire l’America opposta di Borges, autore che sarebbe diventato per lui una guida in tutta la sua futura produzione letteraria. Insomma, quel libro rifiutato ha il simpatico sapore domestico delle focacce mal cotte e male impastate. Si sente che a scrivere i suoi appunti di viaggio l’autore non si appassionava molto. Più tardi Calvino disse di sentirsi newyorkese. Tutti sanno però che New York non è l’America. Gli europei trovano a New York quello che gli americani hanno sempre cercato a Parigi, capitale europea che a sua volta non è l’Europa, è la sua perfetta e inverosimile vetrina. Calvino allinea una serie di osservazioni che restano in mente. Che in America il mondo delle cose è sveglio e insonne, il mondo umano somiglia a un «sonnacchioso gestire d’automi». Che l’America sembra spesso poco «americanizzata». Che non solo Dostoevskij, perfino l’Inghilterra e gli inglesi sono quasi incomprensibili in America. Che una volta letti, non si buttano via solo i giornali ma anche i paperback. Non sarà un caso che quando Calvino nel 1967 se ne andò dall’Italia non andò a New York, si stabilì a Parigi.