C’è un notevole interesse, in letteratura, per gli adolescenti, e non da oggi. Dopo il bel romanzo di Alessandro Mari di cui ho detto la scorsa settimana, ne ho letti uno furbo, abile, in cui l’adolescenza è un pretesto, e uno bello, sincero, dolente e coinvolto in ciò che narra, al contrario del primo. Si tratta di Riparare i viventi di Myalis de Kerangal, Feltrinelli, e di Il Regno degli amici, Stile Libero Einaudi. La Kerangal scrive bene e mette in mostra la sua cultura narrando cinematograficamente quel che avviene alle persone coinvolte nella morte di un surfista notturno: al ritorno a casa con i suoi due amici un incidente di auto lo spinge nel coma profondo. Montaggio alternato, il tempo che corre, azioni e pensieri dei personaggi coinvolti – ma non dei due ragazzi sopravvissuti. La morte è certa e si mette in moto velocemente con l’accordo dei genitori la macchina del trapianto. Più che del morto, si racconta della cinquantenne che riceverà il cuore del defunto. Il titolo viene da Cechov (Platonov): «Seppellire i morti e riparare i viventi». Tema alto, delicato, trattato con tutti gli artifizi del cinema e della televisione, con una notevolissima bravura che però aumenta la nostra irritazione, perché piangiamo ma vergognandoci, per il modo in cui si fa mercimonio di cose serissime. Qui i giovani sono un pretesto, si narrano in realtà gli adulti, in qualche modo sulla pelle dei giovani… Ben altro è il romanzo di Montanari, ambientato nella periferia Nord di Milano, dalle parti di Greco, sulle rive della Martesana. Protagonisti dei sedicenni – che fanno di una casa abbandonata, sull’argine, il loro Regno – e il loro ambiente proletario. È l’estate del 1982. Piccole bande, qualche scontro, qualche infrazione alla legge. Intorno ai ragazzi tanti personaggi di più età, ben ritratti, vivi e che l’autore ama e capisce, soprattutto i giovani, perché è da lì che è partito, è anche della sua adolescenza che racconta. Scontri con degli spacciatori, truci, violenti. Il protagonista incontra una ragazza, quattordicenne, marginale e scontrosa. Ne nasce un idillio semplice e puro, ma la ragazza viene violentata e il gruppo sospetta di un trafficante. Nella zuffa che ne segue quello muore. Il gruppo si sfalda. Solo all’inizio del 2000 il narratore torna a vedere il più saggio degli amici, che ha scoperto il nome del vero stupratore, uno di loro. Ma il finale è aperto, la storia d’amore può forse riprendere. Il rispetto e la delicatezza con cui Montanari racconta una storia plausibile volendo bene ai suoi personaggi (che è poi un modo di rispettare la propria adolescenza) fanno di questo romanzo una sorta di Via Pál per ragazzi solo più adulti, per quegli adolescenti che non possono ignorare quanto il mondo è crudele.