Incontrarsi dopo una vita. Quante volte lo avete detto o sentito dire? Mi sono imbattuto in una partita di basket in tv. Una delle due squadre era allenata da un coach che ho conosciuto quasi trent’anni fa. Ho avuto per un attimo un dejaì-vù, mi è sembrato così lontano dal me di oggi da non poterlo quasi riconoscere. Eppure ricordo le partite di ping pong all’ultimo sangue, in una calda estate calabrese, dove nessuno dei due voleva perdere. Taglio. Vite che furono e vite che saranno. Ho incontrato una mia compagna delle scuole medie, per pura coincidenza. In questo caso la distanza temporale va oltre i trentacinque anni. Ci siamo ritrovati a parlare della vita di oggi, da adulti, e di alcuni momenti che abbiamo saputo descrivere bene, come le foto che si sviluppavano dal rullino fotografico una volta. Le foto venute bene, quelle di cui fieramente si faceva magari un ingrandimento. Spesso faccio fatica a ricordare il pranzo del giorno precedente. Ma quella recita di prima media, quella partita di ping pong no, sono uscite dalla memoria dei miei ricordi in un attimo. Il senso di vicinanza e calore mi hanno fatto tornare indietro a un momento che non c’è più, con persone che sono le stesse ma levigate come uno scoglio dalle onde del mare, dal sole caldo e prepotente, dal salmastro di una vita che si fa un giorno profumato, un altro gustoso, un altro ancora salatissimo. Siamo sempre il solito scoglio, la forma cambia un po’ ma l’anima è sempre la stessa. Mentre si ripercorrono i ricordi, emergono vividi episodi passati che sembravano sepolti nel profondo della memoria. Avventure condivise, risate contagiose, segreti e momenti di sostegno reciproco. Siamo scogli fatti di memoria e quando ci incontriamo, fosse passata una settimana o trent’anni, capita di ritrovarsi in una bella fotografia di vita scattata insieme. E salutarci con un abbraccio.
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