Gli anziani amano raccontare, se trovano chi li ascolta. Da tempo però ne incontro che amano anche scrivere. Per cinque anni, a scuola, ho avuto a disposizione il nonno di un alunno, che ci accompagnava nelle gite e nelle visite guidate e che alla fine stendeva una cronaca viva e succosa della giornata. Memoria palpitante di una infanzia che quel nonno guardava con scanzonata simpatia. Nonni e nonne fanno spesso i conti con una magra pensione, aiutano i figli già grandi, assistono i nipoti. E nonostante questo carico di impegni e di preoccupazioni, molti riescono a ritagliarsi un po' di tempo per sé, per dedicarsi a scrivere. La scrittura personale è principalmente femminile: sia da bambini, sia da adulti, sia da anziani. Perciò non mi sorprende che siano soprattutto le nonne a coltivare questa forma di espressione di sé. Ma in genere non scrivono diari, memorie o pagine in cui compiangersi e commiserarsi. Al contrario, scrivono storie e compongono poesie in cui hanno spazio l'invenzione e una ironica allegria. Il desiderio più grande di una nonna scrittrice è quello di scrivere per i bambini, non per gli adulti. Forse perché, senza dirselo, scrive per quella bambina che non è più e della quale, adesso che è anziana, ha una malinconica nostalgia. In fondo, è solo così che gli anziani possono vivere pienamente la loro vita: facendo affiorare dalla loro storia l'infanzia, lieta o triste, che hanno attraversato. In questo modo riescono a conservare uno sguardo-bambino sui bambini d'oggi e possono parlare loro con un candore e una sincerità che nessuna fatica di vivere riesce a sopprimere. Me lo confermano le poesie deliziose che ha inviato a Popotus nonna Alessandra. Pur presa dalla sua numerosa famiglia, trova il tempo di scrivere versi briosi e allegri. Versi in cui spicca l'ingenuità dell'infanzia e lo sguardo limpido di chi non smette di meravigliarsi. Il bello di Popotus è quello di essere diventato una vetrina in cui si specchiano più generazioni: figli e genitori, alunni e insegnanti, nonni e nipoti.