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I no-vax e noi: troppo d'irrazionale e qualcosa di invece ragionevole

Umberto Folena martedì 7 dicembre 2021
L'irrazionalità irrompe in pagina con il Rapporto Censis numero 55 con titoli fotocopia: «L'Italia irrazionale che non crede al Covid» ("Corriere", 4/12); «L'irrazionalità ha pervaso la società trasversalmente» ("Repubblica", 4/12). Scrive Massimiliano Panarari sulla "Stampa": «A forza di liquefarsi, la società liquida diventa pure irrazionale. E il pensiero magico (imbevuto di rancore e sovranismo psichico) dilaga in modo irresistibile». Sul "Giornale", Marco Leandri Intervista Piero Angela. I no-vax? «Impauriti, irrazionali e infiltrati». Cediamo alla tentazione di citare il filosofo, sociologo e politologo ungherese György Lukács e il suo celebre saggio La distruzione della ragione. Non Hitler e il nazismo ci attendono dietro l'angolo, per fortuna; ma anche gli stregoni della politica possono essere insidiosi per la democrazia e le nostre fragili esistenze. L'irrazionalità attinge alla magia, e viceversa. Alla radice, scrive Ezio Mauro ("Repubblica, 6/12, titolo: «Dove nasce il pensiero magico»), c'è «una consapevole scissione dalla razionalità collettiva, la piattaforma culturale comune alla base di qualsiasi convivenza organizzata su cui si appoggiano il metodo, il criterio, la logica della democrazia». L'irruzione dell'irrazionale è dunque un «segnale di fragilità del guscio della nostra civiltà democratica»; e attorno a questo guscio danza il fantasma di Lukács.
Tutti d'accordo? No. Sul "Manifesto" (4/12) Roberto Ceccarelli prende le distanze dalle metafore del Censis: «Il complottismo è un problema politico, non una patologia. È il risultato della mancanza di una liberazione politica e sociale». E sulla "Stampa" (5/12, titolo: «Costruiamo ponti anche con i no-vax») Donatella Di Cesare invita a non arrendersi all'incomunicabilità: «L'approccio polemico e patologizzante, che ridicolizza e squalifica l'altro, accusandolo di paranoia e irrazionalità» non fa che «aggravare una frattura sempre più profonda». Niente di più ragionevole.