I nidi aspettano
Da Bologna in giù, più nessuno. Nelle gallerie della Direttissima, sotto l'Appennino, chilometri senza vedere un'auto. Surreale. Mi accorgo che in un'ansia inconscia accelero: cerco la fine del tunnel. Un caffè, soprattutto per vedere delle facce. Ma il parcheggio è desolatamente vuoto, e la giovane barista sopra la maschera ha occhi gravi, preoccupati.
Verso Roma, le corsie deserte. Che pena: pare di muoversi in un Paese infartuato. Penso a quante volte, d'estate, abbiamo maledetto il traffico e le code. Vorrei una coda, adesso, e automobilisti affacciati al finestrino impazienti, vocianti, arrabbiati.
Proseguo verso Sud. È perché non c'è nessuno, che faccio caso ai nidi sugli alberi ancora brulli? I nidi dell'anno scorso, sui rami spogli, aspettano. Torneranno i migratori, e una giovane femmina si fermerà in un nido abbandonato e lo sistemerà pazientemente con il becco, perché sia pronto per la prole.
Nidi, migliaia di nidi sugli alberi, quanti ne ho visti, da Lodi a Roma. Non li avevo mai notati. Forse, nel silenzio, gli occhi si fanno attenti ai segni.