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I nemici dell'Africa: come militarizzare il Sahel

Mauro Armanino martedì 11 ottobre 2016
Ieri e oggi nel Niger si celebra l'ennesimo lutto nazionale. Ventidue militari sono stati uccisi con una pallottola nella testa. Forse all'ora di pranzo o per la preghiera pomeridiana. Il ministro della difesa accusa i narco-terroristi. All'Est del Paese, verso il Lago Ciad, chi uccide sono invece i membri di Boko Haram. Si stupra con disinvoltura come arma di guerra e anche come arma di pace. Ci si perpetua nel potere e, nell'insieme del continente, la vita dei poveri vale meno di nulla. I militari si possono aspettare un bel futuro e i conti in banca all'estero prosperano senza impacci.Crescono come funghi i fondamentalismi e ci sono anche Chiese protestanti che patteggiano i "clienti" con i salafiti che l'Arabia Saudita finanzia. Che dire di un continente che chiama e poi obbliga i migliori ad andarsene via? Si esportano bambini e mendicanti facendo dell'Occidente il Nuovo Salvatore dei Naufraghi dello Sviluppo. Ora anche le ditte e le ong private si mettono a salvarli dalle onde complici del mare libico. Un giorno di lutto per l'Africa che vende i suoi figli e le sue figlie come schiavi. Persino la terra, sacra da sempre, diventa una mercanzia per i Mercenari d'oggi.I primi nemici dell'Africa sono dunque gli africani stessi. A prima vista l'affermazione non fa una grinza. Anzi giustifica antichi racconti su presunte inferiorità razziali. Adesso sono orde di invasori, mandati via dai loro fratelli di continente. I passeurs, i contrabbandieri e i commercianti di migranti sono africani e africane sono le politiche di spoliazione estrattiva delle risorse minerarie e forestali. Nemici per la pelle, tra l'Africa bianca, che a Nord si pavoneggia, e l'Africa al di sotto di Lampedusa che nel Sahara affoga di sabbia. Si moltiplicano i contratti bidone e gli affari da milioni sottobanco con le compagnie petrolifere, mentre lo Stato spara sui propri cittadini. Sono migliaia i caschi blu impegnati per proteggere gli africani dagli africani. Sparizioni, torture, assenza dello Stato di diritto e la fabbrica di dittatori a buon mercato che non manca mai di apprendisti. C'è chi rimpiange l'epoca coloniale dove tutto filava liscio e c'era sicurezza sulle strade a qualunque ora. Altri invece affermano che la razza nera è inaffidabile da sempre, e qualcosa è andato storto al momento in cui Dio concepiva gli umani. Dunque: non solo oggi il lutto è legittimo, ma potrebbe diventare permanente.Solo che il Sahel è una terra di mezzo tra due sponde e l'altra riva se n'è andata. Le armi si fabbricano altrove e per la droga i principali acquirenti sono lontani. Le cancellerie occidentali fingono neutralità, ma poi usano una giustizia e un diritto a geometria variabile. Molti tra i dittatori sono pedine movibili e manovrabili a seconda degli interessi delle multinazionali. I minerali sono preziosi solo quando lasciano l'Africa per essere messi all'asta dove più conviene. In cambio, si scaricano scorie di ogni natura e si trasforma l'Africa in pattumiera globale. Persino una nullità come il Niger diventa una meta di ambito pellegrinaggio. Ora a Niamey arrivano tutti quelli che contano. Cinesi e occidentali senza dimenticare gli indiani. Ognuno apporta la soluzione finale al malato cronico chiamato Niger di nome e Sahel di cognome. Nel caso non l'avessero capito prima, c'è un problema di sicurezza e di traffici. Nulla di meglio che, senza il minino dibattito democratico, si proponga una risposta militare proporzionata. La Francia coi militari, gli Stati Uniti coi droni e prossimamente anche la Germania di Merkel, decisa a installare una nuova base militare. Arriva Frontex a negoziare ed Eucap a formare i guardia-frontiere del Sahel. La lotta contro il terrorismo e quella contro i migranti sono fili sottili e difficili da districare. Proprio come la sabbia del Sahel.Niamey, ottobre 2016