Con lo sviluppo delle conoscenze scientifiche e della prassi medica e con i cambiamenti socio-culturali in atto, sembra sempre più difficile definire cosa sia una malattia, cosa significhi essere malato.
Infatti, parlando di malattia, va riconosciuta una sua base biologica, fisiologico-anatomica; vi è anche un livello psicologico-esistenziale; e un aspetto socio-culturale. In inglese tutto ciò si esprime bene con tre termini per indicare il concetto di malattia: disease (la malattia “spiegata” nei meccanismi biologici); illness (la dimensione esistenziale, di “essere malato”); sickness (la condizione riconosciuta anche “pubblicamente-socialmente” di malattia).
In effetti, la realtà della malattia coinvolge tutta la persona, inserita nella sua realtà familiare e sociale, e chiede parole, gesti, segni per essere compresa, accettata, affrontata. La malattia rinvia alla fragilità e vulnerabilità della condizione umana, alla sua creaturalità e mortalità. Conoscere e spiegare le cause della malattia/disease è l’impresa costante della medicina, concentrata sui fattori genetici, infettivi, degli stili di vita e alimentari, che però cade nel rischio di una visione “materialistica” e limitata. Così si giunge a trascurare il coinvolgimento dell’intera persona “malata”, il contesto sociale e culturale in cui il malato è inserito e affronta tale esperienza. L’aiuto del medico e degli altri operatori sanitari, dei familiari e della comunità, permette di capire e curare la malattia con quella “alleanza terapeutica” che consente di alleviare, guarire ed eventualmente accettare quello che non si può del tutto superare. Tutto ciò favorisce la partecipazione “attiva”, più consapevole e responsabile del malato stesso, promuovendo le sue capacità di attingere alle forze fisiche, psicologiche e spirituali.
D’altra parte la malattia, specie se grave, solleva sempre interrogativi sul suo perché, sul senso della sofferenza provocata, sulla richiesta di guarigione, di salute, di salvezza. La prospettiva cristiana aiuta profondamente a vivere con fede tali interrogativi, per comprendere il significato umano della malattia, il bisogno di essere “curati”, accuditi, aiutati a guarire o a convivere in modo dignitoso e più sereno possibile con tale presenza. Emerge il nucleo della condizione umana come “l’essere affidati gli uni agli altri”.
È importante sicuramente definire e classificare le malattie, sviluppare trattamenti medici e chirurgici adeguati; ma è altrettanto fondamentale garantire ai malati la vicinanza, l’ascolto, la comprensione e l’aiuto perché la malattia non sia solo realtà negativa. È occasione per la consapevolezza del nostro bisogno di “guardare oltre”, cercando non solo la salute ma il senso vero del vivere, anche dentro e oltre la malattia, che è sempre segno del nostro essere mortali.
Cancelliere
Pontificia Accademia per la Vita
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