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I missionari, le vigne e le lezioni del cibo

Paolo Massobrio mercoledì 2 ottobre 2019
Domenica mattina a Torino, per caso, sono finito alla Messa grande della Basilica di Maria Ausiliatrice a Valdocco, dove era radunato il mondo salesiano per consegnare la croce ai nuovi missionari. Dagli anni di don Bosco ad oggi – ho appreso durante l'omelia – sono partiti in 10mila per il mondo. Un esercito di pace, di donne e uomini che hanno abbandonato abitudini e affetti per andare verso l'altro, mettendo a rischio, spesso, la loro stessa vita. Guardavo i volti di quei giovani che sfilavano in processione e mi chiedevo cosa possedessero di tanto prezioso per fare una scelta come quella. Nelle stanze di fianco alla Basilica, trent'anni fa, ottenni l'autorizzazione a consultare degli scritti di don Bosco conservati in biblioteca. Ero alla ricerca di un suo opuscolo, denominato l'Enologo Italiano, e ne trovai ampie tracce, perché quel prete era uno straordinario divulgatore di saperi, a cominciare dalle tecniche per coltivare e produrre il Freisa, il vino principe del Basso Monferrato, che pure i suoi genitori ottenevano. Ebbene, pensare che quella preoccupazione di missione prossima è stata all'origine della diffusione della vite in tante parti del mondo, grazie ai missionari, allora come oggi mi commuove. E fanno sorridere le polemiche di questi giorni intorno ai tortellini bolognesi, così come a tutte le riduzioni di cortile di un'Italia che non vuol comprendere la sua vocazione autentica: un'apertura al mondo.
Un'apertura come quella che fra i nostri confini è già l'integrazione alimentare, ovvero l'utilizzo delle materie prime dei nostri chilometro zero per realizzare le ricette di altre culture che non da oggi abitano il Bel Paese e lo contaminano, positivamente. Ma se da un lato la nostra storia, che ha prodotto anche economie alimentari nel mondo (pensiamo a tutta la cultura del caffè o del cioccolato) è stata di apertura, prima della cosiddetta globalizzazione, oggi ci troviamo in un momento difficile e contraddittorio con il timore che altri muri vengano issati, mettendo in ginocchio la nostra economia. Ed è proprio il settore alimentare quello che soffrirebbe di più se gli Usa dessero seguito alla minaccia dei dazi sui nostri vini, formaggi, salumi, oli. Sarebbe disastroso per l'economia di tante aziende, dietro alle quali ci sono famiglie e posti di lavoro. Ma si innescherebbe anche una gara senza fine a produrre i sostitutivi del Grana o del Prosciutto: un'infida imitazione. E qui mi sono ritornati in mente i missionari che sono abitanti di quel mondo che è un puzzle di connessioni. Se salta una tessera viene minacciata la pace, che c'entra anche coi cambiamenti climatici e con le sue conseguenze. Da questo punto di vista è la Chiesa, in questo momento, la mente più lucida che ha presente tutti i fattori in gioco. E anche per la politica, credo, possa essere un efficace punto di paragone per comprendere una direzione.