Rubriche

I miei pasti con la Peg E il sapore che manca

Salvatore Mazza giovedì 21 gennaio 2021
Dallo scorso 11 dicembre ho un buco nello stomaco. Che non è un modo per dire che ho fame, ma un vero e proprio buco, una porta di comunicazione tra il mio stomaco e l'esterno attraverso la quale entra il cibo di cui ho bisogno, saltando bocca ed esofago. Si chiama Peg, acronimo per «Gastrostomia endoscopica percutanea». Un tubo di plastica di qualche millimetro, in pratica una scorciatoia resa necessaria dalla progressione della Sla, visto che la cosiddetta disfagia – ossia la difficoltà a deglutire – si andava accentuando. Adesso non faccio più nessuna fatica, non rischio che qualcosa vada di traverso con tutte le conseguenze del caso, e tutto passa attraverso il tubo che mi buca la pancia. Devo, è vero, stare per sedici ore al giorno attaccato alla pompa che spinge il cibo dentro, ma non avendo molti impegni mondani mi sono abituato presto.
Ho detto cibo, ma è una parola grossa. Nutrizione è più appropriato. Anche perché, saltando la bocca e quindi anche la lingua, non ho idea di che sapore abbia. Sulla confezione c'è scritto “gusto vaniglia”, ma a parte un vago odore, per il resto devo fidarmi. È una sorta di latte denso, ne assumo un litro al giorno, e sì, se a qualcuno interessa, il gusto – quella sensazione unica che ti fa dire “quanto è buono”, oppure il contrario – mi manca in modo pazzesco. Un'assenza che il periodo festivo ha accentuato in maniera esponenziale, e francamente in tutta questa nuova situazione che sto vivendo da un mese è la cosa che al momento mi pesa di più.
Va detto che la potrei ancora mangiare normalmente, ma su questo ci sono due scuole di pensiero. Da una parte ci sono io, che sostengo che, riuscendo ancora a deglutire in maniera soddisfacente, per lo meno alcune cose, potrei concedermi qualche stravizio, visto che comunque l'essenziale lo prendo attraverso la Peg. Dall'altra parte il resto del mondo, secondo il quale continuare a mangiare anche in maniera normale costituirebbe un rischio inutile, e non ne vale la pena. Sul fatto che non ne valga la pena, avendo spesso visioni di lasagne e carbonare, ho i miei dubbi, ma comprendo sia i miei medici che, ancor di più, chi mi vuole bene. Così ogni tanto ci riprovo, ma senza troppa convinzione. E non vado oltre uno yogurt, e un po' di sorbetto ogni tanto. Poi, lo so, verrà il momento di dire basta a tutto. Spero il più tardi possibile.
(45-Avvenire.it/rubriche/slalom)