I manganelli han fatto male a tanti, e pure alla Polizia
Gentile Tarquinio,
ho trovato del tutto fuori luogo le cariche della Polizia sui cortei dei ragazzi pro-Palestina. Quando la protesta, criticabile quanto si vuole, si svolge, come a Pisa, a Firenze, in modo pacifico e responsabile, non si giustifica una reazione violenta delle forze dell'ordine, con agenti che hanno colpito più volte studenti minorenni. Manifestare è un diritto sancito dalla Costituzione e il dissenso è l'essenza della democrazia. Stiamo vivendo problemi e situazioni inquietanti a partire dalle guerre. E i giovani sono i primi a risentirne: scendono in piazza, per istinto o senso critico, perché sanno che senza la pace il loro futuro rimane incerto, precario. Illuminate e sempre attuali, a questo proposito, le parole di Ernesto Balducci, un profeta della pace. Con le nuove generazioni occorrono dialogo e ascolto, non repressione. Non stanno esagerando le forze dell'ordine e il governo di destracentro nella gestione dell'ordine pubblico?
Domenico Mattia TestaGentile Marco Tarquinio,
Caro Tarquinio,
Enrico Reverberi
Conoscenza e riconoscimento, rispetto e ascolto: ecco gli ingredienti essenziali del dialogo che fa crescere, a tutte le età, e che fonda in sensato la relazione tra generazioni diverse. Un rapporto di fiducia e di reciproco sostegno, di formazione e di cura che è nel Dna stesso dell’umanità e che ha un posto speciale nella storia della nostra gente. Questa relazione giusta tra persone di diverse età è una forma dell’amore, e comunque ne è un parente stretto. Contribuisce a incarnarlo, realizzando al tempo stesso il migliore interesse di tutti: giovani, adulti e anziani. Lo scrivono, oggi, ognuno a suo modo, i lettori Testa (che ringrazio per il rapido ma puntuale ricordo di padre Balducci), Rotili e Reverberi. Uno dei nomi di tutto questo è “patto intergenerazionale”. Una realtà, che quando c’è, e deve poterci essere, dà forza e spinta propulsiva a una comunità, ne alza e allarga l’orizzonte. Quell’orizzonte comune che i colpi mal assestati e il sospetto e la polemica insensati e violenti, parenti stretti dell’odio, congiurano per abbassare tristemente.
C’è chi custodisce questo bene prezioso, questa relazione feconda. E sono tanti, tantissimi: nella familia, nella scuola, nelle reti associative, nelle parrocchie, nel buon vicinato, in quel sentimento – religiosamente e civilmente ispirato – che papa Francesco chiama «amicizia sociale», tappa decisiva sulla strada della fraternità che siamo chiamati a costruire in mezzo alle contraddizioni (alle gioie e alle speranze, alle sofferenze e alle fatiche, alle belle diversità e alle lancinanti disuguaglianze) della nostra vicenda personale e collettiva. Operano anche nelle istituzioni, che ai vari livelli di rappresentanza e di servizio finiscono spesso per essere oggetto di un discredito e di un pregiudizio tanto veementi quanto superficiali. C’è però anche chi fa, invece, l’esatto contrario. Anche in Parlamento e nel patrio governo. E più ha potere peggio fa.
Si tratta di un grosso manipolo, decisamente arrogante nell’autoassolversi e autogiustificarsi e nel puntare addirittura l’indice e muover guerra su chi concepisce e genera solidarietà. Viene costruito così un pesante “clima” di inimicizia. Quel clima nel quale si possono lasciare affogare, giusto un anno fa, a Cutro, davanti alle nostre coste, esseri umani inermi e bisognosi di tutto, vittime migranti di guerre che non ci interessano più (in Afghanistan) o che non ci hanno mai interessato (in Siria). In questo “clima” – è già accaduto, a drammatica intermittenza, nella nostra storia: pensate alla Genova del G8 del 2001 – possono darsi anche le manganellate gratuite, violente e irridenti scagliate a Pisa contro alcune decine di giovanissimi studenti del Liceo artistico “Russoli” che stavano manifestando pacificamente per invocare il cessate il fuoco nella terribile guerra in corso tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza.
Le manganellate pisane sono un pezzo del tradimento del sentimento e del patto intergenerazionale che purtroppo minaccia di consumarsi sempre più. E la nebbia di disinformazione che si è cercato, e ancora si cerca, di alzare per ridimensionare l’accaduto, accusando quei ragazzi e quelle ragazze, è sbagliata e rischiosa, perché in essa si nasconde e pretende di legittimarsi pure la delegittimazione del sacrosanto presidio che le forze dell’ordine, in una democrazia come la nostra, sono e devono continuare a essere. I manganelli, sul finire della scorsa settimana, hanno insomma colpito giovani cittadini e cittadine in formazione e hanno ferito anche me e tanti altri che conoscono, riconoscono e rispettano il lavoro delle forze dell’ordine e non sopportano neppure episodi come l’assalto portato, pochi giorni fa a Torino, da un manipolo di “antagonisti” di estrema sinistra agli agenti di una volante.
Ma due torti non fanno una ragione. L’attacco violento e inaccettabile ai poliziotti torinesi non cancella i fatti pisani, sottolineati dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con puntuale, allarmata e saggia tempestività mentre altre istituzioni si segnalavano prima per un improvvido silenzio e poi per una loquacità senza lucidità. L’insostituibile azione di vigilanza e di tutela delle forze dell’ordine è infatti organizzata e predisposta, e deve attuarsi, per tenere aperta e libera e sicura ogni piazza italiana. Perciò, come ha ricordato a tutti Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta, le riunioni in spazi aperti e pubblici vanno concordate per potersi svolgere nel modo migliore. Non per essere soffocate e impedite. La libertà di manifestare è uno dei princìpi cardine della Costituzione, e archivia definitivamente il tempo delle riunioni proibite o delle adunate solo a comando dell’Italia fascista. La gravità di quanto accaduto a Pisa, certificata da testimonianze e video inequivocabili, è tutta nella sproporzione aspra e diseducativa delle repressione attuata contro quei ragazzi e quelle ragazze. Si proporranno appigli formali per spiegare e tentare di giustificare tutto questo? È probabile, e in parte l’operazione è già in atto a livello politico, ma io spero ancora di no. Considero perciò un ottimo segnale la decisione di autoidentificarsi presa da tutti i poliziotti protagonisti delle cariche pisane. Serve chiarezza e nettezza, persino a prescindere dagli approfondimenti giudiziari del caso. Perché i fatti di Pisa rischiano di “sporcare”, come ha ammonito il presidente Mattarella, l’autorevolezza degli uomini e delle donne delle forze dell’ordine. Persino di quelli e quelle che svolgono un benemerito lavoro educativo accanto e insieme agli insegnati in tante scuole del nostro Paese, mostrando il vero volto di chi vigila sulla libertà e la sicurezza di tutti e contrasta il cancro di ogni società: la malavita, in tutte le accezioni possibili. Questo non è giusto.
Il ministro dell’Interno Piantedosi riferendo giovedì in Senato sulla gestione dell’ordine pubblico nel nostro Paese ha detto molte cose, non tutte quelle che ci si aspettava e che dovevano essere dette. Conservo poche parole, le uniche – a mio parere, per quel che vale – davvero centrate a proposito delle cariche di polizia a Pisa: «Quando si giunge al contatto fisico con ragazzi minorenni è comunque una sconfitta ed è ancor più necessario svolgere ogni verifica con puntualità, obiettività e trasparenza». Così dev’essere. E venerdì scorso Paolo Borgna lo ha rammentato da par suo sulle nostre pagine. Quei duri colpi di manganello han fatto male a tanti, e pure alla nostra Polizia.