Credo che le prose dei poeti siano la prova del nove del valore e dell'autenticità della loro poesia. La tesi (se tale è) può apparire paradossale. I fatti, tuttavia, tendono a mostrare che quei poeti che si sono rivelati incapaci di scrivere prose letterariamente e intellettualmente di qualità, sono poeti mediocri o velleitari anche quando scrivono versi. Circola da tempo e si è diffusa l'idea sbagliata che si può essere poeti senza essere intelligenti. Purtroppo questa idea ha finito per rendere “poco intelligente” un genere letterario tradizionalmente intelligentissimo, nel quale la quota di audace se non eroico intellettualismo era altissima. Basta citare Dante e Leopardi, che sono stati i maggiori intellettuali della loro epoca, o altri grandi autori europei come John Donne, Milton, Coleridge, Novalis, Shelley, Heine, Baudelaire, fondamentali teorici letterari nonché critici della propria epoca. Il Novecento è stato a lungo un secolo di poeti intellettuali: alcuni di loro sembrano arrivare alla poesia passando per la riflessione critica e filosofica, e usando poi la stessa forma poetica come un mezzo di approfondimento e di scoperta intellettuale. I più famosi poeti del secolo scorso, Antonio Machado, Paul Valéry, Saba, Eliot, Benn, Montale, Brecht, Auden, Octavio Paz, Iosif Brodskij hanno scritto prosa non inferiore alla loro poesia. André Breton, l'inventore del surrealismo, ha scritto poesie, ma è soprattutto un critico militante. Fino a Pasolini, la cui saggistica è anche migliore della sua poesia. A cura e con un'ottima introduzione di Adriano Marchetti sono stati pubblicati ora alcuni scritti di Max Jacob, autore malvisto dai surrealisti per la sua conversione dall'ebraismo al cattolicesimo, ma che con Apollinaire e Jarry ha anticipato il surrealismo. In Arte poetica. Consigli a un giovane poeta (Elliot, pagine 94, euro 9) Jacob scrive: «Una buona opera letteraria non può che essere la perfetta intelligenza di un'idea da parte dell'autore. Un'opera può essere soltanto l'intelligenza di qualcosa». Il fatto che l'intelligenza poetica abbia una forma particolare, non toglie che quella forma sia una forma necessaria a capire qualcosa per la prima volta o di nuovo con la massima precisione e fedeltà verbale. Precisione e fedeltà così insolite da sembrare (dice Jacob) “esagerate”. La forma poetica non fa a meno dell'intelligenza, la realizza e la esalta.