Lo scrittore argentino Borges era solito frequentare un bar fermandosi a leggere i giornali. Un giorno capitano dei giovani che seduti a un tavolo stanno scrivendo il testo di un volantino di protesta. Vedendo entrare lo scrittore dicono al cameriere che pagheranno loro la sua consumazione. Borges era conservatore in politica, estraneo alle agitazioni di piazza e ai movimenti di quella gioventù impegnata. La dittatura militare non aveva ancora preso il potere e cancellato fisicamente quella generazione. Saputo dal cameriere l’omaggio, va al loro tavolo per ringraziare. Chiede cosa stanno scrivendo. Rispondono spiegando con foga le loro ragioni. Borges dice loro: «Mi congratulo con voi. Io quando sono arrabbiato non riesco a scrivere niente». Con questa dichiarazione personale Borges dissocia l’opera dello scrittore dai sentimenti dell’attualità. Il suo distacco può valere per l’opera che deve restare al riparo da tesi e schieramenti. Non vale per la persona dello scrittore che è un cittadino, non un monaco di clausura. A lui spetta rispondere del suo tempo e testimoniare di una sua scelta civile, anche se questa gli aliena dei lettori. Non gli è permessa l’ignavia.
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