I giovani e De Meo, così si salva la «pecora nera» di Volkswagen
Di lui si dice che sia bravo davvero, o semplicemente che sappia fare il suo mestiere. Nato a Milano, classe 1967, laureato alla Bocconi, un passato in Renault e Toyota, è cresciuto in Lancia, Alfa e Fiat alla corte di Marchionne prima di volare otto anni fa in Germania nelle braccia di Volkswagen, che per gli italiani ha sempre una passione particolare. Prima il marketing puro (il fortunato lancio della Fiat 500 nel 2007 fu opera sua), poi un ruolo forte nel board Audi e – a fine 2015 proprio nei giorni successivi al giro di poltrone causato dallo scandalo “dieselgate” – la nomina a presidente di Seat, il brand spagnolo del Gruppo, quello più povero. «Con quasi 409mila vetture vendute lo scorso anno siamo cresciuti del 2,2%: non sono grandi numeri, ma siamo solo all'inizio perchè il primo trimestre 2017 ci vede salire del 14,5% (il 18% in Italia) e quest'anno abbiamo tre prodotti su cui puntare: la nuova Ibiza, la Ateca e la Arona, il nostro prossimo Suv compatto», spiega De Meo.
Come si ribaltano le sorti di un marchio in crisi? «Comprendendone i problemi. Seat è abituata a stare a dieta, ma Volkswagen ci ha aiutato molto facendoci accedere all'ultimo stadio della tecnologia del Gruppo. Il resto lo abbiamo fatto noi. In Europa l'età media di chi acquista auto è 53 anni, quella di Seat è di 10 anni più giovane: occorre capitalizzare questo vantaggio con un'offensiva di prodotto adeguata. E sistemi di pagamento adatti: per la nuova Ibiza ad esempio, proponiamo un pacchetto che prevede solo 250 euro di anticipo e una rata da 250 euro al mese per tre anni, comprese manutenzione e assicurazione».
Programmi semplici e concreti in un mondo dove invece non si parla d'altro che di guida autonoma e addirittura di auto che volano. De Meo sorride: «La sfida principale è la connessione: l'automobile è la prossima grande piattaforma dove applicare questa tecnologia. Il potenziale che ha è straordinario, ma Seat fa già fatica a vendersi con il cambio automatico: per noi sono discorsi lontani. È difficile che qualcuno paghi 15 mila euro in più per la guida autonoma su una Ibiza..». Un manager realista, finalmente. E non a caso di successo.