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I figli frustrati delle banche del seme nel romanzo della De Falco

Cesare Cavalleri mercoledì 28 settembre 2016
Nel nuovo romanzo di Roberta De Falco, Non è colpa mia (Sperling & Kupfer, Milano 2016, pp. 296, euro 17,90) ritroviamo alcuni personaggi incontrati nei libri precedenti, in particolare in Il tempo non cancella (2014).Questa volta il simpatico commissario Ettore Benussi, gran mangiatore e bevitore, è un po' defilato, perché non sta bene ed è terrorizzato dalla prospettiva di farsi mettere un bypass (andrà tutto bene). Sua moglie Carla, psicologa, sa come prenderlo, mentre la figlia Livia sta attraversando la fase cretina dei diciott'anni. Quindi, a indagare sulla catena di omicidi, incominciata col brutale pestaggio di Julija, ragazza ucraina piena di misteri, sono i due ispettori Elettra e Valerio, senza la supervisione del loro "odiosamato" superiore, commissario Benussi. I due collaborano efficacemente sul lavoro, e di notte s'intendono sessualmente fin troppo, stando alle descrizioni del romanzo. Ci sono anche il pubblico ministero Rosanna Guarnieri, e il medico legale Tullio Cerri a completare l'affiatamento dell'équipe che fa fare bella figura alla polizia.La trama è complicata e affronta grossi problemi come l'utero in affitto, la fecondazione eterologa, la maternità surrogata, ma lo fa attraverso situazioni, appunto, romanzesche, senza sovraccarichi moralistici e lasciando al lettore di tirare la morale.Già, perché a massacrare di botte la povera Julija, era suo marito Boris, un pregiudicato ucraino che l'aveva costretta a portare avanti una gravidanza per conto terzi, e voleva la sua parte di soldi dopo che era nata Asia, fatta passare come propria dai committenti Giacomo Hutchinson, sposato con quella strega di Gaia Cortona. Ma i soldi servivano per curare il fratellino malato di Julija, e da qui l'inseguimento, fortunatamente infruttuoso di Boris, fin sulle montagne della Carnia dove Julija aveva cercato di nascondersi, aiutata da Violeta, collaboratrice brasiliana del centro di accoglienza di Padre Florence.E c'è Annabel Alexander, un'americana cretina ancorché tutt'altro che diciottenne, che si era fatta fecondare artificialmente attingendo a una banca del seme di Premi Nobel. Ne era nato un Baby veramente geniale, violinista prodigio ciclotimico, con gravi crisi e furibonde litigate con la madre per sapere chi fosse realmente suo padre. Ma poi Baby era sparito, dato per morto in Irak, e Annabel corre a Firenze in quello strano Bad & Brekfast in cui vengono a trovarsi il professor Hutchinson, il figlio Giacomo con la moglie Gaia e la bimba Asia (come detto), il giovane e servizievole studente Richard Noble, il giornalista americano Hugo Newman, e la coppia di inservienti filippini Corazon ed Eliseo Ruiz. La Alexander viene trovata sgozzata in un parco, e dapprima i sospetti cadono sull'eccentrico e innocuo barbone che si fa chiamare Dottor Marius, poi sul filippino Eliseo, ma la verità verrà fuori dalle indagini di Elettra e Valerio (lei è più perspicace di lui).Alla tematica della bioingegneria si aggiunge quella della responsabilità dei giornalisti che arrivano a compiere un delitto, pur di avere materiale per uno scoop che dia notorietà internazionale.I colpi di scena si susseguono freneticamente con scambi di persona, estranei che si ritrovano fratellastri, madri in cerca dei figli e figli in cerca dei padri, in un groviglio genealogico romanzesco che però punta il dito «sui danni delle inseminazioni artificiali, che possono creare intere generazioni di ragazzi disadattati che vagano per il mondo alla ricerca dei loro padri biologici su cui scaricare le proprie frustrazioni». Questo è un problema vero, in cui le vittime sono i figli della provetta, magari cresciuti da "genitori" dello stesso sesso. Quelle che oggi vengono esaltate come conquiste della scienza e vittorie libertarie, fra vent'anni riveleranno tutta la negatività del loro potenziale distruttivo, proprio attraverso l'infelicità di giovani che hanno scoperto di non essere nati da un atto d'amore fra un uomo e una donna che vorrebbero poter chiamare "mio padre" e "mia madre".