I doveri di chi comunica il Papa e l'«abc» di ciascun giornalista
Tutto ciò mi è tornato in mente leggendo i resoconti (sul "Sir" quelli un po' più ampi tinyurl.com/jspe4dg ) dell'intervento che monsignor Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, ha pronunciato il 20 gennaio al convegno su "Il cristianesimo al tempo di papa Francesco", del quale "Avvenire" ha già ampiamente riferito. In un testo che, soffermandosi sullo stile comunicativo del Papa, ha ben analizzato, anche nei suoi aspetti più scomodi, la distanza che spesso c'è nei media «tra ciò che il Papa ha detto e dice e ciò che del Papa viene narrato», una più semplice frase mi ha riportato a quelle domande degli studenti: chi comunica il Papa è chiamato a «non dire ciò di cui non ha prove adeguate, non parlare a vanvera».
Comunicare il Papa e la Chiesa comporta maggiori responsabilità, visto il loro profilo pubblico e il riferimento che egli e l'istituzione che guida rappresentano per tante coscienze; ma la regola del non dire ciò di cui non si hanno prove adeguate, ovvero del verificare le fonti, fa parte, con tutta evidenza, dell'abc di ciascun giornalista, quale che sia il soggetto della sua cronaca (e l'oggetto della sua fede). La novità è che dovrebbe valere anche, nell'era del Web 2.0, per chiunque si cali in questa Rete e vi stringa un proprio, per quanto piccolo, nodo.