I cori di Kodály, Poulenc e Martin Quante voci ha il Novecento sacro
Un'istanza mediata dall'intelligenza tecnica e interpretativa di una delle formazioni vocali europee di maggior blasone e tradizione, quel Chor des Bayerischen Rundfunks che è stato guidato negli anni da illustri bacchette come Eugen Jochum, Rafael Kubelik, o Lorin Maazel e che oggi viene diretto nelle sue linee artistiche dal giovane maestro Peter Dijstra (classe 1978), che impagina qui un programma assolutamente impegnativo e di alto spessore. A partire dalla Messa per doppio coro a cappella di Frank Martin (1890-1974), che il musicista svizzero ha concepito tra il 1922 e il 1926 ma che ha poi ha lasciato nel cassetto per quasi quarant'anni («la consideravo solo una questione personale tra me e Dio»), fino alla prima esecuzione pubblica del 1963. Passando per la Missa brevis dell'ungherese Zoltán Kodály (1882-1967), scritta nel 1944 durante una delle fasi più cruente della Seconda Guerra Mondiale e suggellata da un toccante Agnus Dei in cui la critica del tempo ha voluto ravvisare la voce «del mondo intero che implora la pace». Per arrivare infine alle splendide Litanies à la Vierge Noire, scritte nel 1936 da Francis Poulenc (1899-1963) in seguito alla visita presso il Santuario della Madonna Nera di Rocamadour che ha segnato la sua riconversione alla fede cattolica, in un climax di invocazioni che l'uomo pellegrino, di ogni razza e ceto sociale, porta al cospetto della Vergine con lo strumento più semplice che possiede: la preghiera.