I consorzi chiedono sanzioni severe per la contraffazione dei prodotti tipici
E non si tratterebbe solamente di giro d'affari. Oltre alla grande capacità di esportare, infatti, «l'agroalimentare di qualità – si legge in una nota diffusa dopo l'incontro –, ha scelto di puntare ed investire sul territorio: ciò non si è rivelato un limite bensì una grande opportunità che ha appunto premiato il settore, soprattutto dall'estero». Atteggiamento quindi economicamente vincente, ma anche socialmente utile. Che per questo va valorizzato insieme agli strumenti che il sistema delle indicazioni geografiche sta già sperimentando da tempo: certificazione e tracciabilità, che vanno di pari passo con la certezza dell'origine e dei metodi di trasformazione. I produttori poi non chiedono soldi, ma strumenti. Anche sul fronte internazionale e soprattutto per quanto riguarda gli accordi bilaterali. «Occorre – si legge nella nota –, lavorare a negoziati che puntino al riconoscimento delle indicazioni geografiche come valore globale dello sviluppo agricolo. Norme in grado di eliminare le pratiche ingannevoli per il consumatore, in particolare l'utilizzo di denominazioni geografiche, immagini e marchi che evochino l'Italia per pubblicizzare prodotti affatto riconducibili al nostro Paese, la forma più sfacciata di concorrenza sleale e truffa nei confronti dei consumatori nel settore agroalimentare». Insomma, dopo quello dei coltivatori, che della difesa delle tipicità hanno fatto un loro mantra, insistono adesso anche i consorzi: chi truffa deve chiudere.