Nel corso di questo 2021, sette secoli dopo la morte di Dante, il più grande scrittore del Medioevo cristiano, autore dell'opera più importante della letteratura italiana e condannato all'esilio per tutta la vita dalla sua Firenze (grandissima arte, la sua, nata nella sventura politica), dovremmo anche ricordare due anniversari non secondari che riguardano la nostra poesia. Nel 1921 fu pubblicata la prima edizione del Canzoniere di Umberto Saba, opera poetica organica che nel Novecento italiano non ha eguali per originalità, leggibilità e cordiale sensibilità umana. Nello stesso anno nacque poi Andrea Zanzotto, uno dei poeti più importanti del secondo Novecento.Nel clima culturale del primo ventennio del secolo scorso, il ventennio delle innovazioni più radicali e provocatorie nei linguaggi di tutte le arti, il ventennio del Futurismo, dell'Espressionismo, del Cubismo, lo stile poetico di Saba era e sarebbe restato un'anomalia e una sorpresa. All'oscillazione violenta fra astratto e concreto, culto della forma pura o esaltazione delle percezioni sensoriali, Saba contrapponeva la sua naturale estraneità agli imperativi ideologici di una modernità che per essere sé stessa era certa di dover negare tutto ciò che poteva sapere di Ottocento. Lo stile poetico di Saba consapevolmente sa invece di Ottocento: non rifiuta né la metrica tradizionale, né la confessione aperta e semplice dei più comuni e riconoscibili sentimenti. Invece di provocare il lettore con inusitate acrobazie formali, lo accoglie, gli va incontro, non rifiuta né disprezza la comunicazione, anzi la accentua. Giacomo Debenedetti, allora appena ventenne, che poi si sarebbe rivelato uno dei critici-guida nella comprensione della modernità letteraria, riconobbe subito in Saba il suo poeta: un poeta narratore, un poeta personaggio apertamente umano in un mondo che (secondo l'espressione di José Ortega y Gasset) aveva scelto come ideologia “la disumanizzazione dell'arte”. Andrea Zanzotto è appartenuto invece all'opposta e a lungo prevalente tendenza poetica italiana e internazionale: quella che dal Simbolismo di fine Ottocento portò in Italia all'Ermetismo, alla poetica dell'oscurità linguistica e dell'illuminazione esoterica, che ebbe come maestri Ungaretti e Montale. Ma in Zanzotto la poetica ermetica si è sviluppata come analisi di un io angosciosamente dissociato in un ambiente in cui la bellezza naturale è perduta, è corrotta e devastata dalla distruttività sociale umana.