«Solo una cosa avrebbe potuto distruggere la dinastia del drago: la dinastia stessa». Premessa molto esplicita per la partenza di House of the dragon, l'atteso prequel, ovvero l'antefatto del Trono di spade, basato sul romanzo di George R. R. Martin Fuoco e sangue, ambientato un paio di secoli prima della saga che in otto stagioni, tra il 2011 e il 2019, ha appassionato milioni di telespettatori nel mondo. La nuova serie, in dieci episodi, sta andando in onda su Sky Atlantic e in streaming su Now dal 22 agosto nella versione originale, in contemporanea con gli Stati Uniti, e da lunedì scorso alle 21,15 nella versione doppiata. Tra amicizie e rivalità, lealtà e tradimenti, sesso e violenza, la serie racconta la storia della Casa Targaryen, la cui ultima discendente è stata Daenerys, eroina del Trono di spade. Vediamo la patriarcale e misogina famiglia all'apice della sua potenza (grazie soprattutto a un'arma imbattibile: i draghi che ha a disposizione) governare indisturbata sul continente occidentale di Westeros nella cui principale città, Approdo del re, si trova il mitico trono fatto di spade. Ma una donna rivendicherà il potere, trascinando la dinastia in una guerra civile. Anche in House of the dragon, come nel Trono di spade, non mancano discutibili scene cruente e di sesso e al tempo stesso ottime tecniche di ripresa, suggestive ambientazioni e animazioni (dei draghi in particolare come ci ricorda il titolo) in un perenne immaginario medioevo, con uno scavo e un'indagine psicologica sui personaggi, una sceneggiatura con dialoghi di grande forza teatrale e un montaggio serrato. In questo senso, tra luci e ombre, House of the dragon (che sembra sia costato 20 milioni di dollari a episodio) non metterà senz'altro d'accordo i fan sfegatati del genere con i detrattori.