Unanime è il coro di lamentele e accuse verso l'incompetenza dei governanti, l'ignoranza dei politici, il bullismo dei capipopolo. Ma c'è altro. C'è che nel cono d'ombra sono entrate le ragioni della ragione e le ragioni del cuore di ognuno; c'è che noi potremmo non essere migliori degli altri; c'è che - a fronte dell'affanno delle istituzioni e dei tradizionali punti di riferimento (famiglia, chiesa, partiti) - è il tempo della responsabilità individuale, in cui ognuno è chiamato a vivere all'altezza dei propri giorni. E all'altezza di se stesso, ponendosi la domanda di Agostino: «Tu chi sei?» (Tu quis es?). L'autore delle Confessioni (10, 6, 9) ripiegava su questo interrogativo dopo aver invano cercato la presenza e il nome di Dio; impossibilitato a scandagliare l'abisso di Dio, scandaglia l'abisso di sé, e dà questa risposta: «Sono un uomo» (homo), legato alla terra (humus), che «si porta addosso il peso della propria natura mortale» (1, 1, 1 homo circumferens mortalitatem suam). Seguendo «il grido del pensiero» (13, 10, 2 clamor cogitatonis) di Agostino, gioverà percorrere un viaggio attorno la parola finis, collocata all'incrocio di più significati: il confine, delegittimato in una sorta di collettiva spedizione argonautica; il fine, oscurato dal sovraffollamento dei mezzi; la morte, rimossa alla ricerca di improbabili forme di immortalità.