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Heynckes, il mister che manca

Italo Cucci venerdì 31 maggio 2013
Non aspiro a diventar Raiola («magara», direbbe Carletto Mazzone, pensando ai suoi guadagni) e tuttavia sono lieto di scoprire che un mio “raccomandato speciale”, disoccupatissimo, sta per trovare una panchina prestigiosa: dico di Jupp Heynckes, uno che conoscevo bene fin dai tempi lontani di Moenchengladbach, quando il suo Borussia - frequentato prima da giocatore, ai tempi della “lattina” interista, poi da tecnico - mostrò all'Europa e al mondo il calcio teutonico più moderno e raffinato. Dicono che lo voglia il Real, stanco di attendere il «sì» di Ancelotti. Noi, nel frattempo, giocando sui nomi di Mazzarri, Allegri, Sannino, Gattuso, Corini, Beretta, Di Carlo e altri disoccupatini, abbiamo perduto l'occasione di portarci a casa - insieme a Rafa Benitez - il vero “pezzo grosso” della panchina più dorata d'Europa. Come ho spesso detto, l'avrei visto direttore tecnico di un club prestigioso - tipo Roma - affiancato da un allenatore “di campo”. La Roma s'è appassionata a un perdente di lusso, Zdenek Zeman: perché non provare, come ai tempi di Capello, a un vincente nato? Eppure mi stupisco di me stesso, entrato ormai - dopo averlo lanciato - nel Valzer delle Panchine, un valzer poco viennese, non vorticoso ma lento, contraddicendo la “cultura pallonara” acquisita nei decenni secondo la quale i gestori del gioco vengono scelti al più tardi a primavera per lavorare insieme, anche con dibattiti calorosi, alla ricerca dei giocatori. Oggi no, è già tanto se il mister te lo fai a campionato finito, a giugno inoltrato, per poi accostare i pedatori dei sogni automaticamente saliti di prezzo, spesso dovendo rinunciare a spese impossibili, quindi costretti a raccattare Carneadi o bufalotti. Se ho ben capito lo sfogo di Mister Mangia, il mercato è ormai tutt'intorno ai ragazzi della Under, e forse gli operatori sperano che non vincano il Campionato d'Europa per non vedere i prezzi salire alle stelle. Campagne di rafforzamento così tafazziane non ne ricordo e metto in allarme i tifosi ormai trattati come scomoda zavorra: quando tecnici traballanti cominceranno a dire che loro, poverini, non hanno potuto scegliere i giocatori che volevano; che le decisioni le ha prese sempre qualcun altro; che il loro credo era il gioco “a tre” e invece han dovuto cambiare modulo: allora ricordatevi - e ricordategli - con quanti euromilioni sono stati ingaggiati, con quanta improntitudine e prosopopea hanno venduto sogni impossibili, e smettete di scandalizzarvi per le gesta di Zamparini. Lui sbaglia “dopo”, e lo ammette. Molti altri sbagliano “prima” e finiscono per dare la colpa delle proprie malefatte agli arbitri.