#Hashtag, così il #cancelletto ha cambiato i #social
Il mondo della tecnologia è pieno di idee di successo, diventate tali dopo che qualcuno le aveva malamente scartate, ritenendole inutili. Prendete l'hashtag, cioè quella parola o quelle parole precedute dal simbolo del cancelletto # che trovate sui social. A lanciarlo è stato Twitter, dove ogni giorno vengono creati circa 125 milioni di hashtag diversi. Non c'è social però che nel frattempo non l'abbia adottato. Eppure quando alle 20:25 del 23 agosto 2007 – undici anni fa – un giovane avvocato della Silicon Valley aveva proposto con un tweet al social di adottarlo per classificare i messaggi, il co-fondatore di Twitter l'aveva liquidato rispondendogli: «È una proposta indubbiamente carina, ma purtroppo devo tornare rapidamente al lavoro».
Ci sono voluti ben 4 anni perché il social adottasse la proposta di Chris Messina, lanciando l'uso degli hashtag. Eppure ieri, omettendo il ritardo dei 4 anni e la prima risposta liquidatoria di uno dei suoi cofondatori, Twitter ha festeggiato gli 11 anni dalla nascita dell'hashtag. I più precisi vi spiegheranno che il simbolo del cancelletto era già usato prima che venisse proposto per catalogare i messaggi su twitter. Esisteva sulla tastiera dei telefoni e veniva usato nei newsgroup.
Resta il fatto che oggi rappresenta una delle più grandi rivoluzioni legate al digitale. L'avvento degli hashtag nei social non ha soltanto portato una rivoluzione nel modo in cui vengono classificati i messaggi ma ha portato qualcosa di nuovo anche nel nostro modo di esprimerci. Non c'è giorno infatti che non ne vengano proposti di nuovi. Alcuni durano pochi minuti e coinvolgono poche persone, altri invece aggregano attorno a sé migliaia di utenti magari per giorni e giorni. Alcuni spariscono senza lasciare traccia, altri diventano modi di dire, si trasformano in espressioni nuove.
Come spiega Twitter «un hashtag, rappresentato dal simbolo #, viene utilizzato per indicare parole chiave o argomenti, permettendo agli utenti di seguire facilmente ciò a cui sono interessati».
In pratica non sono solo un modo per catalogare tweet, ma anche per creare momenti di conversazione attorno ad argomenti precisi. Servono a fare trovare i nostri post anche alle persone che non ci seguono direttamente e a farci entrare nelle conversazioni social più calde, quelle che vengono evidenziate nella colonna dei cosiddetti trending topics. Se i post di Twitter sono spesso la celebrazione della nostra capacità di sintesi, gli hashtag sono molto spesso una sorta di concentrato della creatività. I più riusciti infatti condensano in una parola preceduta dal simbolo del cancelletto tutto un mondo.
Su Instagram sono diventati indispensabili. Infatti è soltanto grazie a un uso intelligente degli hashtag che usiamo sul social delle immagini, che le nostre foto potranno essere ritrovate nel tempo, catalogate nel migliore dei modi. Il che, anche se può essere banale sottolinearlo, non significa che dobbiamo usare gli hashtag più appropriati rispetto a ciò che postiamo, ma che dovremmo usarne anche di nuovi o di esistenti cercando anche di immaginare il modo in cui le nostre immagini potranno essere un giorno cercate.
Anche Facebook permette l'uso degli hashtag, ma il motore di ricerca del social più importante del mondo fa sì che in qualche modo siano superflui. Ma torniamo a Twitter. Sapete quali sono gli hashtag più popolari che sono stati utilizzati tra l'agosto 2017 e l'agosto 2018? Al primo posto c'è #m5s, al secondo la parola #Roma, al terzo #Pd, al quarto #Salvini, al quinto #Italia, al sesto #Renzi, al settimo #Gfvip (cioè Grande fratello Vip), all'ottavo #DiMaio, al nono #nominoermalmeta (legato ai premi musicali di Mtv) e al decimo #Napoli.
Insomma, a dare retta a questa classifica resa nota da Twitter ieri, vengono premiati non gli hashtag più interessanti ma quelli più semplici o didascalici, molti dei quali legati al dibattito politico che si scatena sempre più spesso sui social. Ma oggi cosa ne pensa degli hashtag il suo inventore? Quale dovrebbe essere il loro futuro? Intervistato da Euronews, Chris Messina non ha dubbi: «Spero che l'hashtag possa agire sempre di più come un'arma contro la disinformazione e l'ignoranza di massa e nella lotta contro le notizie false, un termine quest'ultimo che uso per definire informazioni facili da diffondere, ma che non hanno alcun fondamento nella realtà». Chissà cosa avrebbe pensato se avesse visto la classifica dei 10 hashtag più usati su Twitter nell'ultimo anno.