Ha trovato casa lo sport come «diritto» che include
È questo il caso del progetto in questione che si chiama «Mi piace se ti muovi» e vuole trasmettere l'importanza dell'avviamento allo sport per favorire inclusione, qualità della vita e benessere psicofisico sia dei minori che dei loro genitori. Purtroppo questa attività, evidentemente orientata alla scoperta del corpo e alla fisicità, si è trovata in mezzo a una pandemia, in un momento di distanza fisica imposta, ma l'Ufficio Pio della Compagnia di San Paolo non si è scoraggiato: incontri online, riflessioni con famiglie schierate al gran completo davanti a un telefonino, sul significato dello sport come acceleratore di inclusione e di benessere, ma anche storie di sportivi e di sportive capaci di essere stati ambasciatori e ambasciatrici di un nuovo modo di vedere il mondo. Tutto bello, ma mancava una parte fondamentale: vedersi e, appunto, muoversi insieme. Nello scorso weekend, grazie alla disponibilità del Sermig, l'associazione fondata da Ernesto Olivero e che, proprio durante la pandemia, ha costruito un Palazzetto dello sport a pochi metri dalla storica sede dell'Arsenale delle Pace, là dove prima c'era un impianto dismesso e in mano alla microcriminalità, il cerchio si è chiuso. Il PalaSermig è stato invaso da tanti ragazzi e ragazze dai 3 ai 18 anni che hanno provato “sul campo” pallavolo, calcio a 5, basket, ginnastica a corpo libero e, per i piccolissimi, percorsi di psicomotricità. Il tutto di fronte a una folla di mamme e papà rappresentanti sedici diversi Paesi delle comunità migranti di Torino. Un tripudio di colori, di culture e punti di vista diversi.
«Le cose impossibili sono, in realtà, possibili», disse il presidente Sergio Mattarella il 12 novembre 2021, quando venne di persona a inaugurare il nuovo PalaSermig. Beh, questo bellissimo pomeriggio, laboratorio di quel «diritto allo sport» che con una modifica all'articolo 33 della nostra Costituzione verrà presto definitivamente sancito, non è stato una cosa «impossibile», ma semplicemente una cosa molto ben riuscita grazie a un'idea che ribadisce come lo sport sia un potentissimo veicolo di inclusione e salute, grazie al lavoro di tante persone che hanno deciso di volerla vedere realizzata e che, agendo come una squadra, hanno messo in luce le due mosse irreversibili che la pandemia ha suggerito a tutto il mondo dello sport: co-progettazione e multidisciplinarietà.