Rubriche

Grazie a “Il Mese” di ieri l'“Internazionale” di oggi

Goffredo Fofi venerdì 12 ottobre 2018
Quando la seconda guerra mondiale era ancora in corso o appena terminata, gli inglesi diffusero un mensile in lingua italiana, in formato tascabile e gratuito, che si chiamava appunto Il mese e dove venivano tradotti articoli considerati degni di venir letti dagli italiani e utili alla rieducazione di un popolo alla democrazia. Ne circolavano degli esemplari persino in casa mia, in una famiglia di semi-analfabeti, ma politicamente svegli. (So per certo che è quella rivista ad aver dato a Giovanni De Mauro l'esempio del miglior settimanale italiano di questi anni, Internazionale) Il mese fu rapidamente imitato anche dagli americani (ma forse è vero il contrario), che si affrettarono a inventare un'edizione italiana del loro Reader's Digest, fatto
di articoli tradotti o riassunti dalla tanta carta stampata circolante negli Usa, che si chiamò Selezione, in grosso, e dal Reader's Digest , in piccolo. Ebbe una diffusione massiccia e durò, contrariamente al Mese, ancora per tanti anni, tutti quelli della “guerra fredda”. Vi comparivano in ogni numero anche un romanzo riassunto (un riassunto, non una selezione) anche questo scelto nella prospettiva di “educare” o “rieducare” gli italiani alla democrazia, o meglio, in questo caso, alla american way of life. La sola rubrica che bensì mi affascinava era quella dedicata a «Una persona che non dimenticherò mai», ed era di un “buonismo” certamente manovrato ed eccessivo, ma veniva affidata mese dopo mese anche a persone intelligenti e degne, oltre che famose. Ricordo, per esempio, il racconto del grande documentarista Robert Flaherty su Nanuk, l'eschimese che fu protagonista del film che da lui aveva preso il nome, bellissimo. Molti anni dopo lessi un una biografia di Bertolt Brecht un episodio che riguardava quella rubrica. Esule durante la guerra negli Usa, dove si arrabattava anche a scrivere sceneggiature per Hollywood (Anche i boia muoiono di Fritz Lang), anche Brecht venne invitato a parlare di una persona che non avrebbe mai potuto dimenticare, e siccome era povero e il Reader's Digest pagava bene, accettò di farlo con piacere, ma il suo testo fu tra i pochi che la redazione della rivista ebbe a rifiutare. La persona in questione non era un “buono”, come sempre in quella rubrica, bensì... Adolf Hitler! E come poteva Brecht dimenticarlo! E come potevano dimenticarlo tutti i tedeschi! Non ci si ricorda soltanto delle persone che ci hanno fatto o hanno fatto del bene e a cui abbiamo voluto bene, di comportamenti positivi e da imitare, ci si ricorda, ed è impossibile non farlo, anche di coloro, anche se magari non li abbiamo mai incrociati nella nostra vita quotidiana, che hanno condizionato e distrutto la nostra vita, hanno manipolato e indirizzato la società (la Storia!) costringendo, avvilendo o distruggendo la nostra vita e quella di tanti come noi. O hanno contribuito direttamente o indirettamente a distruggere delle vite, tante vite. E questo vale anche oggi, di nuovo e di nuovo.