Grande Messe des Morts di Berlioz tra fede profonda e numeri da record
Il Requiem di Berlioz risulta effettivamente una delle composizioni di maggior impatto mai concepite nella storia della musica sacra, piena di colpi ad effetto studiati a tavolino per suscitare "emozioni forti" sugli ascoltatori; già alla prima esecuzione dell'opera – avvenuta il 5 dicembre 1837 nella parigina Cappella degli Invalides – il pubblico rimase letteralmente sommerso dalla "potenza di fuoco" sprigionata dall'imponente organico corale e orchestrale impiegato, che in questa registrazione – effettuata durante il Wratislavia Cantans Festival – vede protagonisti la voce solista del tenore Robert Murray, i Gabrieli Players & Consort, il Symphonic Brass Ensemble della Chetham's School of Music insieme con il Coro e l'Orchestra Wroc?aw Philharmonic.
Il prezioso lavoro interpretativo operato da McCreesh risulta essere tanto efficace nei tumultuosi quadri d'insieme (su tutti gli apocalittici Dies irae e Tuba mirum) quanto nel fine cesello su fraseggio, articolazione e dettagli espressivi che rendono viva la poesia delle pagine più riflessive e intimistiche (gli episodi del Quid sum miser e Domine, Jesu Christe), nel tentativo di smussare l'afflato maggiormente lirico e teatrale, retaggio di una certa retorica esecutiva, per ricondurre la Messe des Morts nell'alveo liturgico che le compete.
«L'edificio in cui la musica risuona è il più importante di tutti gli strumenti musicali», sosteneva peraltro lo stesso Berlioz; e l'animo umano nel momento del "Giudizio estremo", di fronte al mistero della vita (e quindi della morte) risulta la cassa di risonanza ideale per comprendere nel profondo il portato di questo imponente capolavoro.