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Grande e vero sport tra schianti e rinascite

Mauro Berruto mercoledì 8 febbraio 2023
Il 6 febbraio del 1958, sessantacinque anni fa, una grande tragedia colpì il calcio inglese e mondiale. Quel giorno, dentro a un aeroplano, si spezzò (conservando in sé una grande capacità di rinascere, in quel momento difficile da immaginare) la leggendaria squadra del Manchester United, protagonista del calcio inglese e della Coppa dei Campioni. Uno dei momenti di dolore più intenso della storia dello sport, nove anni dopo l’incidente che aveva ucciso tutti i campioni del Grande Torino a Superga, cinquantotto anni prima dello schianto, a Medellin, dell’aeroplano che trasportava la squadra brasiliana della Chapecoense. Tre schianti e centoventicinque morti, principalmente giovani atleti nel pieno del loro vigore, pronti a conquistare il mondo. L’incidente che coinvolse il Manchester United avvenne all’aeroporto di Monaco, durante la fase di decollo. Sopravvisse l’allenatore, Matt Busby, dal cui cognome quei fantastici ragazzi venivano identificati come “Busby Babes”. Alcuni atleti si salvarono, tra questi Bobby Charlton: «Si è trattato solo di fortuna, ero seduto nel posto giusto. Ma quell’incubo mi accompagna da allora, e ha cambiato la mia vita». Quel club, grazie anche a Bobby Charlton, rinascerà e diventerà protagonista assoluto della storia del calcio.
Trenta anni esatti dopo, il 6 febbraio 1988, un altro volo, un altro decollo, cambierà la storia dello sport. È il giorno della gara delle schiacciate della NBA, nella gelida e ventosa Chicago. Michael Jordan, campione dei Bulls ha di fronte a sé un avversario straordinario: Dominique Wilkins. I due, come in ogni duello epico, fanno fuori uno dopo l’altro i protagonisti minori, come Spud Webb, formidabile schiacciatore nonostante i suoi 168 centimetri di altezza, e Clyde Drexler. Inevitabilmente Jordan e Wilkins si scontrano in finale. Proprio all’ultimo tentativo disponibile Michael Jordan tira fuori dal cilindro una schiacciata che sembra violare i principi della forza di gravità: parte da poco prima del centrocampo e stacca all’altezza della linea del tiro libero. Resta in aria un’eternità, tanto da guadagnarsi il soprannome di “His Airness”, difficile da tradurre, qualcosa come “Sua altezza aerea”. Michael Jordan stravince la gara e diventa, anche grazie a quello scatto fotografico che diventerà la scena finale del film “Space Jam”, l’icona stessa del basket. La forza di gravità, drammaticamente vincente o simbolicamente vinta, è stata protagonista anche in quest’ultimo 6 febbraio, il giorno del terremoto in Turchia e Siria, schiacciando sotto le macerie di un evento catastrofico, migliaia e migliaia di donne, uomini, bambini. Ci vorranno chissà quanti giorni semplicemente per chiudere l’orrendo bilancio delle vittime, dei feriti, degli sfollati. Tanti sportivi sono stati coinvolti in questo dramma, lo sport si è doverosamente fermato. Abbiamo sentito le voci dei nostri Vincenzo Montella e Lucia Bosetti, allenatore di calcio e campionessa di pallavolo, entrambi protagonisti con i loro club nella città di Adana, a duecento chilometri dall’epicentro, fortunatamente illesi. È difficile perfino immaginarlo, oggi, ma la solidarietà e il sostegno concreto del resto del mondo alle popolazioni della Turchia e della Siria possa essere una luce nel buio capace di illuminare la strada. Per rinascere. © riproduzione riservata