Il mio amico cappellano delle carceri è noto per la sua generosità e accettazione. Gli capita, un giorno, di ospitare tre muratori che hanno le famiglie lontane e il lavoro da queste parti. Li alloggia in una chiesetta fuorimano, in cui ha posto nella piccola canonica annessa. I tre, avendo la casetta sobriamente arredata, lì dormono, cucinano ed abitano. Ogni due o tre giorni, il cappellano fa loro visita e tutto procede al meglio. Passano alcuni mesi e, un mattino, il prete li va a trovare. Non ci sono più ma, andandosene, hanno traslocato indebitamente tutti i beni che avevano avuto a disposizione. L'abitazione andava dunque riabilitata per futuri ospiti. È quasi un classico, quello dell'ospite ingrato e, peggio ancora, deliberatamente ladro. Una sera, il nostro sacerdote, che sarebbe piaciuto tanto a Bernanos quanto ad Hugo ma forse ancor di più a Chesterton, fa il girovespertino del carcere. La sorpresa è di ritrovare il suo trio di ospiti, sottochiave in una stessa cella per chissà quale altro reato. Le richieste di perdono si sprecano, uno sbandiera addirittura un figlio disabile, mai citato prima. Il cappellano è misericordioso e ha senso dell'umorismo. In fondo, mi racconta, erano come i re magi all'incontrario, senza cammelli ma generosi raccoglitori di doni.