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GLI ORSI E LE STELLE

Gianfranco Ravasi sabato 7 aprile 2007
Noi spesso battiamo su una caldaia incrinata una musica da far ballare gli orsi e invece vorremmo commuovere le stelle. Questa immagine vivacissima è in una delle pagine di Madame Bovary, uno dei romanzi più emblematici della società dell'Ottocento, opera dello scrittore francese Gustave Flaubert (1857). Il contrasto è veemente. Da un lato, c'è una latta sbrecciata sulla quale una sorta di clown batte ritmicamente per far avanzare in fila disordinata alcuni orsi da circo. D'altro lato, ecco invece il sogno di una musica celestiale come quella di Bach o di Mozart, capace di avere esiti ultraterreni. Del tutto vano è comparare queste due piste sonore. Per Flaubert è un po' questo il dramma dell'uomo: vorrebbe essere capace di «commuovere le stelle» e qualche dote in tal senso la possiede; ma si riduce a battere sguaiatamente una grancassa. In queste sere, quando il cielo è limpido, le stelle sembrano un coro di luce che vibra col pulsare del loro bagliore. L'umanità ha in sé una forza interiore tale da poter interloquire spiritualmente con l'infinito e il mistero: non per nulla la parola «desiderio» evoca qualcosa che proviene de sideribus, «dalle stelle». Eppure, basta solo inoltrarsi a Pasqua nelle strade per scoprire che il massimo della sua creatività l'uomo lo riversa in vacanze, in prodotti di consumo, in apparenze, in musichette banali e in sprechi. Il suono dell'amore, l'armonia dello spirito, la ricerca del mistero, l'aspirazione alla bellezza, il fermento della speranza sono lasciate cadere per terra e calpestate. Eppure le stelle in cielo continuano a ricordarci che aspettano la nostra musica, il canto dei nostri cuori e di una vita giusta e pura.