Ha i capelli in disordine, radi. Il viso scarnito. Un filo di bava gli impasta di lato la bocca e la barba incolta. Le mani, rattratte, sbucano da una brutta coperta che lo contiene, serrata dalle corde. La posizione del corpo in quello strano involucro è di sbieco, le corde lo trattengono a stento anche se è lieve. Pare che da un momento all'altro possa sgusciare dalla imbracatura. Balbetta tra le lacrime: «Ge-e-sù…», legato stretto intorno al torace smagrito. Sta lì sospeso come un morto, un vivo. Pietro e Andrea afferrano la barella: «lasciate!». Un giovane ben vestito dice al compagno: «Quanti peccati nella sua casa…ridotto così…». La lettiga viene posata con l'uomo che ora biascica. Nella stanza c'è caos, i due stanno scendendo in silenzio dalla stessa apertura dal soffitto. Non dicono nulla. Si somigliano, hanno il viso arso dal sole dei pastori. Corpi tozzi gesti rapidi, odore aspro di sudore. Forse padre e figlio, quello a terra forse è l'altro fratello. Non sembrano toccati dal putiferio che hanno scatenato. Concentrati. Come se avessero una bestia da legare. Si preoccupano di girare la barella: che gli occhi dell'uomo incontrino il viso di Gesù. Poi si mettono in piedi come se avessero fatto una cosa come un'altra, pulito un pozzo o fatto partorire una mula.