Per dare conto della “Nuit des influenceurs chrétiens”, svoltasi il 24 maggio, “Aleteia” francofono ha scelto la forma più aderente all’occasione: un video di un minuto (shorturl.at/1sAb2), con un breve testo: «Ha riunito circa 200 influencer al Collège des Bernardins di Parigi. Cattolici e protestanti hanno potuto rendere grazie insieme per la diffusione del messaggio cristiano sui social network. Una serata fatta di incontri, premi e celebrazioni per questi “profeti”, il cui numero continua a crescere anno dopo anno». Il video della rete televisiva cattolica Kto (shorturl.at/r6ZnJ), che la “Notte degli influencer” l’ha trasmessa in diretta, dura invece un’ora e mezzo e ha già avuto 50mila visualizzazioni, sommando a quelle su YouTube quelle su Facebook (shorturl.at/F5slK). L’evento è stato organizzato e condotto sul palco da fra Paul-Adrien d'Hardemare (88mila follower su Instagram, quasi 121mila su TikTok, ben 360mila su YouTube), domenicano, già organizzatore nel settembre 2022, presso la sede della Conferenza episcopale francese, di una prima “Soirée des influenceurs catholiques”, centrata sulle testimonianze (si veda il resoconto della radio RCF shorturl.at/pnP5j). Questa volta invece è prevalsa la forma-spettacolo: una mini-notte degli Oscar, dal momento che alle consegne di cinque premi, per le categorie “lifestyle”, “theologie”, “reportage”, “témoignage” e “coup de couer”, si sono alternate le esibizioni di Dana-Jo, cantautrice pop cristiana lei stessa molto popolare sui social.
C’è una missione da compiere
Dal reportage firmato da Arnaud Bevilacqua sul quotidiano “La Croix” (shorturl.at/rFMHq) si apprende che l’evento si è distinto soprattutto per la dimensione ecumenica: tanto tra i partecipanti quanto tra i premiati erano presenti indistintamente cristiani cattolici e cristiani protestanti, questi ultimi provenienti dalle più giovani Chiese carismatiche. Come il pastore Carlos Payan, che insieme a fra d'Hardemare ha impartito la benedizione finale, e come la già citata Dana-Jo. Da una precedente inchiesta sempre di “La Croix” (shorturl.at/wBS0d), condotta da Alix Champlon e dallo stesso Bevilacqua proprio in vista della “Notte degli influencer”, si colgono alcuni caratteri degli influencer cattolici francesi. La convinzione di avere una missione da compiere in Rete (sostenuta dallo stesso papa Francesco) rappresenta «l'anello di congiunzione tra personalità dalla sensibilità diversa»: alcuni rimandano alla tradizione mentre altri mostrano «un'immagine di modernità». Ma nel complesso «provengono più da un cattolicesimo classico, identitario», e «nei loro contenuti dominano l’apologetica e la catechesi», dice a “La Croix” padre Renaud Laby, sociologo dell’Institut Catholique di Parigi. Il quale aggiunge che il fenomeno, sviluppatosi a margine delle istituzioni ecclesiali del Paese, potrebbe finire per competere con le istituzioni stesse, giacché «ormai la parola dell’istituzione vale meno [di quella] delle star delle reti sociali, forti dei legami d’affinità con i loro follower».
C’è anche l’associazione Acutis
Si possono fare alcune sottolineature. Queste forme di evangelizzazione attraverso Internet e i social media vanno assumendo sviluppi specifici a seconda del Paese in cui fioriscono, o meglio, dell’area linguistica a cui si rivolgono: solo poche settimane fa, su queste colonne (shorturl.at/wdUde), presentavo l’analisi del vescovo brasiliano Joaquim Mol, basata su un’approfondita ricerca e preoccupata soprattutto del peso che porta con sé la qualifica di “influencer” rispetto a quella di “evangelizzatori” o “missionari”. Le osservazioni di Renauld Laby si focalizzano più sui legami deboli tra questi cristiani in Rete e l’istituzione ecclesiale: cosa che è più semplice da comporre nell’ambito evangelico carismatico che in quello cattolico. Significativamente, da “La Croix” si apprende infatti che fra d'Hardemare, sulla scorta del primo raduno del 2022, ha costituito un’associazione di influencer cattolici francesi forte, per il momento, di sessanta aderenti, e che l’ha battezzata “Acutis”: «Dai video girati insieme alla formazione fornita da agenzie di comunicazione, il network fornisce agli influencer le competenze necessarie per aumentare il proprio pubblico: una grafica efficace, temi popolari, titoli accattivanti...». Sta di fatto che, alla luce del quadro francese, la nota richiesta nata nell’area ispanofona (segnatamente da “iMisión” di suor Xiskya Valladares) di riconoscere la missione digitale come un ministero ecclesiale, e la risposta possibilista giunta dalla Santa Sede, assumono un contorno più preciso.
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