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Gli echi del Fidelio di Beethoven nell'ispirata Ascensione di Lortzing

Andrea Milanesi domenica 1 giugno 2003
«è giunto al termine, o Padre, il compito che tu mi hai assegnato; glorificami con lo splendore che io condividevo con te prima che il mondo fosse creato». Sono queste le parole affidate al Salvatore che preludono al passaggio centrale dell'oratorio Die Himmelfahrt Jesu Christi, «L'Ascensione di Gesù Cristo», di Gustav Albert Lortzing (1801-1851): allo squarcio di note, luci e colori che accompagna la salita al cielo del Redentore, su un denso tappeto sonoro di violoncelli, fagotti e contrabbassi, col movimentato ed etereo accompagnamento dei violini. Il compositore di Berlino è conosciuto oggi come uno dei maggiori esponenti dell'opera comica tedesca - come l'autore di Zar e carpentiere, Il cacciatore di frodo o L'armaiuolo -, ma non per questo si rivela meno sensibile alle grandi tematiche del pensiero religioso. Quando nel 1828 viene ultimato l'oratorio per soli, coro e orchestra L'Ascensione di Gesù Cristo sono ormai trascorsi oltre vent'anni dalla prima rappresentazione assoluta di quel sublime inno al trionfo della libertà che è il Fidelio di Beethoven; nell'opera di Lortzing è in ogni caso lecito intravvedere una sorta di richiamo spirituale ai fondamenti del capolovaro beethoveniano, attraverso un linguaggio musicale di semplice nobiltà, non particolarmente elaborato, a tratti leggermente ampolloso, ma sempre ben equilibrato nelle sue proporzioni formali. L'interpretazione offerta dal Coro e dall'Orchestra della Radio WDR di Colonia diretti da Helmuth Froschauer (cd pubblicato da Cpo e distribuito da Sound and Music) tende a privilegiare l'enfasi drammatica e la potenza descrittiva dei recitativi, come quello in cui Giovanni ricorda gli eventi della Passione e Morte di Gesù e il conseguente sconforto che assale i discepoli, o il poetico racconto di Pietro, che narra del passaggio dalle tenebre del sepolcro al luminoso fulgore della Resurrezione. Ma è l'aura eroica degli interventi di Cristo (l'ispirato tenore Bernhard Schneider, che spicca per tecnica e convinzione su una compagnia di cantanti non sempre brillante) a segnare il fulcro emotivo e artistico di questa partitura: nell'esprimere la forza dirompente di una presenza eccezionale, ritornata alla gloria celeste dopo aver liberato gli uomini dalla schiavitù del peccato.