Deflazione confermata nelle campagne italiane. L'indicazione arriva dall'Ismea. L'Istituto che segue l'andamento dei mercati agricoli nazionali e internazionali ha segnalato che l'indice dei prezzi all'origine dei prodotti agricoli ha fatto segnare un aumento del 2,4% su base mensile, ma una riduzione del 6,6% rispetto a settembre 2013. Detto in parole semplici, i prezzi dei prodotti agricoli acquistati in campo (o in stalla), sono mediamente diminuiti, e di molto. È, appunto, il segno chiaro della deflazione in atto di fatto nell'intera economia e che, nell'agroalimentare, assume proporzioni preoccupanti. Se, infatti, una forte inflazione (cioè un forte aumento generalizzato dei prezzi dei prodotti) non fa bene all'economia, ugualmente non fa bene allo sviluppo un forte abbassamento dei prezzi. È importante guardare al dettaglio della situazioni. Ismea segnala che nel comparto delle coltivazioni le quotazioni alla prima fase di scambio hanno registrato, rispetto ai livelli di agosto, un aumento medio del 7%, causato probabilmente dal recupero delle quotazioni difrutta (+6,6%) e ortaggi (+13,9%). In rialzo anche i prezzi dell'olio di oliva (+6,5%), a causa delle previsioni di riduzione della produzione in Europa, con forti cali attesi in Spagna e Italia. Cambiano direzione anche i listini dei vini. Ma i mercati dei cereali hanno chiuso il mese con un meno 5,2%. Il mais è stato ancora il prodotto più penalizzato (-13,7%), schiacciato dalla pressione dell'offerta; in frenata, per le stesse motivazioni, anche la soia che rispetto ad agosto ha ceduto il 22,4%. È poi la zootecnica ad aver sofferto molto: i prezzi in media sono scesi del 2,2%; con casi quasi drammatici come quelli del bestiame vivo e in particolare di avicoli (-10%) e suini (-8%), mentre i lattiero caseari hanno limitato i ribassi a un meno 0,8%. Ma il tracollo si osserva confrontando i prezzi ad un anno di distanza (e quindi "depurandoli" degli effetti di situazioni contingenti). Il confronto con settembre 2013 mostra una flessione del 5,4% per l'insieme delle coltivazioni, con riduzioni più marcate per vini (-16,1%), frutta (-16,9%) e semi oleosi (-21,5%). In controtendenza solo gli oli di oliva: +18,7%. Prezzi più bassi anche per le produzioni zootecniche, che in media hanno ceduto il 7,8%. Pesante il bilancio per il bestiame vivo (-12,2%), con flessioni generalizzate anche per le uova e i lattiero caseari, in calo rispettivamente del 6,3% e del 3%.È certamente da questi numeri che deve partire una riflessione sugli strumenti di politica economica (nazionale ed europea), ma anche di politica d'impresa, utili a ridare fiato ai bilanci aziendali.