Giù i consumi: siamo... alla frutta
Di fronte a una situazione di questo genere, gli esperti sembrano avere un'opinione chiara: si tratta dell'effetto " pesante " del cambiamento delle abitudini alimentari davanti al quale, tuttavia, non sono più sufficienti le vecchie ricette. La più forte attenzione alla soddisfazione del consumatore e alla qualità (quella percepita oltre che quella reale), non possono più essere perseguite solamente con migliori, più coordinate e più efficienti aggregazioni dei produttori. Il messaggio, a ben vedere, è sempre lo stesso. Non basta saper produrre bene, e non basta nemmeno essere in grado di arrivare in maniera efficace sui mercati: occorre saper vendere, che, oggi, si traduce nella capacità di saper parlare con i consumatori in modo nuovo, comprensibile e affidabile. Non è un traguardo facile da raggiungere. E non sembrano essere sufficienti le strategie che puntano tutto sulla tipicità e sugli acquisti diretti dal contadino. L'Osservatorio sui consumi, infatti, ha rilevato come, nel primo semestre 2010, le famiglie italiane hanno acquistato il 49,8 % di frutta fresca nella Gdo (il 51,5% in valore), in calo, invece, gli acquisti presso ambulanti e mercati che dal 23,7% in quantità passano al 22,8%, con il valore che scende al 21,2 dal 21,8% del 2009. Il fruttivendolo tradizionale, subisce poi un calo in volume e un leggero incremento in valore con il 19,9% rispetto al 19,7% del 2009; ed è stata registrata come "lenta e costante" la crescita dei discount. Ancora più complesse sono, infine, le dinamiche di scelta collegate al prezzo. Insomma, l'ortofrutta italiana si trova davanti ad una "bella" sfida, che va affrontata con decisione e consapevolezza, ma alla quale occorre rispondere subito e senza divisioni.