Il film che avrebbe meritato davvero l’Oscar è stato quello dei fratelli Coen A proposito di Davis, con il suo misto di ironia lucidità disperazione, di metafora e interrogazione che appartiene ai due fratelli, tra i pochissimi artisti veri capaci di operare all’interno di un sistema dominato da banche e uffici-studio attenti solo al profitto. A me è parso un capolavoro e un’attualissima versione della biblica storia di Giobbe, ma in una chiave inedita, giovanile. La più nota variazione letteraria sul Libro di Giobbe è quella di Joseph Roth Giobbe. Storia di un uomo semplice (Adelphi), ambientandola anche lui a New York: un mite maestro immigrato dall’Europa nella metropoli e provato in mille modi da una sorte infelice, fino al ricongiungimento inatteso col figlio, segno di benevolenza divina. La storia del cantautore Llewyn Davis, gallese-italiano che forse, come anche il Giobbe della Bibbia, non ha origini ebraiche, è quella di un perdente, mentre la sorte favorirà un giovane come lui – siamo nei primi anni Sessanta – che si chiama Bob Dylan. Perché Dylan e non Davis, se anche Davis ha talento? I tempi, il caso, Dio? La personificazione della sorte è affidata dai Coen a un gatto, anzi a più gatti, provocatoripersecutori, strumenti di una incomprensibile irrazionalità. Una differenza di questo Giobbe da quello biblico sta nel fatto che Davis non è persona generosa e neanche tanto simpatica, ma l’egoismo e l’antipatia non hanno inciso sul successo di artisti di minor talento del suo e più “cattivi”, il mondo dello spettacolo è pieno di avari e di egocentrici. No, è la sorte, solo la sorte a decidere della vita di Davis, continuamente respingendolo nel numero infinito dei perdenti. E sì, se il film di Coen mi è piaciuto così tanto è perché racconta i perdenti, i losers, in un mondo (come quello degli Oscar) fitto di implacabili e ottusi winners. La disgrazia colpisce milioni di persone nel mondo, non solo nello spettacolo: vecchi e giovani, bianchi e neri, maschi e femmine, persone piene di talento e altre che non ne hanno, e come sempre l’unico modo, ipotizzato oggi da pochissimi, sarebbe che i giovani come Davis si unissero e lottassero per cambiare il contesto in cui hanno dovuto crescere. Non sono i gatti i loro nemici.