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Giletti rientra in Rai: buone idee ma c’è tanto da migliorare

Andrea Fagioli giovedì 3 ottobre 2024
Massimo Giletti ritorna in quella che lui dice di aver sempre considerato casa sua, ovvero la Rai. Ci ritorna ufficialmente con un nuovo programma d’approfondimento giornalistico tutto suo dopo alcune sporadiche uscite post abbandono di La 7. S’intitola Lo stato delle cose e va in onda il lunedì in prima serata su Rai 3. Appena qualche accenno nostalgico per poi partire all’esordio con Matteo Renzi, «il guastafeste», per dire che «il campo largo rischia di diventare un campo santo». Anche così Giletti incalza i suoi interlocutori. Lo fa stando in piedi, guardando l’obiettivo (virtualmente il pubblico a casa), con il video dell’intervistato alle spalle, senza appunti, tenendo la scena e il ritmo. E questo il giornalista torinese, allievo di Giovanni Minoli e di Mixer, lo sa fare bene. Ma la forma non è il contenuto. Allora per un programma che si propone di raccontare la complessità del tempo in cui viviamo facendo il punto sull’attualità e sullo «stato delle cose», limitare la finestra sul Libano ad alcuni collegamenti con l’inviato di Porta a porta mentre il Tg1 esce in edizione straordinaria e il Tg2Post si allunga per l’incursione di Israele via terra, può essere una scelta discutibile. Al pari del confronto tra il generale Roberto Vannacci e Francesca Pascale scaduto ben presto sul piano delle offese personali più o meno velate, più o meno ironiche, ma inutili a un dibattito su questioni anche molto serie. Purtroppo, questa è diventata la legge del talk show politico. E pensare che questo spazio del programma veniva annunciato come un «duello» tra idee diverse e contrapposte visioni del mondo con alcuni protagonisti della nostra contemporaneità chiamati a «sfidarsi» sui temi più urgenti dell’attualità, partendo ciascuno dal proprio punto di vista. Inoltre, essendo un programma sotto al cappello di Rai Cultura, Lo stato delle cose deve prevedere anche spettacolo, musica, cinema e letteratura con cantanti, attori e scrittori «in contrappunto rispetto ai temi affrontati». Peccato che in questo senso la prima puntata si sia risolta con un collegamento in extremis con Fabrizio Moro dalla periferia romano di San Basilio dove il cantante è nato e da dove si è mostrato per l’occasione anche un po’ insofferente e contrariato rispetto all’idea di far passare il quartiere come una terra di spacciatori. Decisamente meglio il momento dell’intervista in studio a Michael Cohen, l’ex avvocato di Donald Trump divenuto ora il suo accusatore, e l’approfondimento, sia pure breve e un po’ di corsa, sull’inquietante vicenda dei rapporti tra gli ultras delle curve calcistiche e la camorra. C’è dunque spazio per migliorare, anche sul piano degli ascolti visto che Lo stato delle cose con 840 mila telespettatori è rimasto ben dietro a La torre di Babele su La 7 (969 mila) e non molto avanti a Quarta Repubblica su Rete 4 (763 mila). © riproduzione riservata