Giacomo era un missionario cattolico che finì in Costa d'Avorio; prima nei villaggi più impensabili, poi nella capitale Abidjan dove, ultimamente dirigeva il locale seminario. Era un erpetologo e per anni aveva collaborato con l'università di Genova. Così, di tanto in tanto, scopriva una nuova specie di serpenti, non ancora classificata. Era anche professore d'organo ed io lo immaginavo come una specie di dottor Schweitzer che, nelle notti africane, suonasse sotto la luna piena ad maiorem dei gloriam. Ogni manciata di anni, tornava in Italia per sottoporsi, in ospedale, alle cure necessarie alla sua malaria, che lo accompagnava da una trentina d'anni. Era invecchiato anzitempo e la sua epatite era passata da steatosi a cirrosi e forse ad altro ancora. Fu durante uno di questi tentativi di recupero che avvenne il fatto. Quel che rammento è che da giorni e giorni arrivavano notizie di violenze e di molte vittime nella bellissima terra di rame. Da ultimo era iniziata la caccia all'uomo bianco,inscenando, di conseguenza, un tragico si salvi chi può. Ecco che il vescovo di colore fugge abbandonando il palazzo apostolico: Padre Giacomo si dimette volontariamente dall'ospedale, prende il primo aereo e, più morto che vivo, va a sostituire il suo povero vescovo laggiù.