Gemma e Shalit, due storie di speranza che illuminano la realtà
Anche il soldato Shalit ha una nuova vita davanti a sé dopo cinque anni di prigione. È alto, magro, porta gli occhiali e non sappiamo quali siano state le sue sofferenze per essere lontano dalla sua terra, dalla casa, dal tipo di vita che aveva sognato. Anche per lui abbiamo preparato tempi differenti da quelli che aveva lasciato, allora giovane ragazzo. Forse tutto gli parrà nuovo, forse più difficile da affrontare. Davanti a sé ha di nuovo tempi di guerra, ma aiutiamolo a godere di questa sua piccola pace senza ricostruirlo con le nostre macchine fotografiche, con i troppi articoli sui giornali, con le continue immagini sulle televisioni, in qualcosa di diverso dalla persona che intendeva essere. Impariamo a rispettare la vita privata di ogni essere umano senza farne, come succede da qualche anno con i processi proposti dalla tv dei delinquenti o degli onesti coloro che dovrebbero essere giudicati solo dalla magistratura e non dall'emotività di un pubblico che detta giudizi seduto in poltrona a casa, o mentre consuma un pasto in piedi nel bar.
Infine ringraziamo la provvidenza se abbiamo una fede, qualunque fede che dà fiducia nella realtà del soprannaturale, che ci aiuta a incominciare o a riprendere la vita. Privi di un senso religioso non troveremmo altra soluzione alle nostre difficoltà che cercare di perderla in qualsiasi modo, tale deve essere il buio di chi non ha questa solida speranza.