Più agricoltori, più fatturato, meno importatori. è sulla traccia di questi tre concetti che può essere sintetizzato lo stato di salute dell'agricoltura biologica: un comparto che, passata la sbornia dei primi anni di crescita, sembrava aver imboccato la strada dell'inesorabile assestamento su bassi livelli di giro d'affari ma che, invece, ha ritrovato negli ultimi mesi nuova grinta per assalire il mercato. E i risultati non sono mancati.
Stando ai dati diffusi in questi giorni in occasione della diciottesima edizione del Sana di Bologna (il Salone Internazionale del Naturale), quest'anno gli italiani dovrebbero spendere qualcosa come 2,4 miliardi di euro in alimenti biologici oppure «naturali». Un indicatore, quello della spesa del Paese, che ha risollevato gli umori dei 1.500 operatori presenti alla manifestazione, anche perché non sembra il solo ad indicare un'inversione di tendenza. Secondo Coldiretti, per esempio, ormai il 71% degli italiani ha acquistato almeno una volta cibi biologici. A crescere, poi, è il numero effettivo di agricoltori che si «convertono». Sempre secondo Coldiretti, infatti, dal 2004 al 2005 la quota di aziende di questo genere è salita del 22% (arrivando a oltrepassare in cifre assolute le 44.700 unità). A diminuire, invece, la quota delle aziende di preparazione del prodotto (-25%), così come quella degli importatori (-6%). A crescere, anche gli ettari coltivati con tecniche compatibili con l'ambiente.
Tutto bene, quindi, ma i problemi da risolvere non mancano di certo. Secondo Confagricoltura, per esempio, per sostenere davvero la ripresina biologica serve più chiarezza nelle informazioni fornite ai consumatori. La crescita registrata - viene sottolineato sempre dagli imprenditori agricoli - è anche dovuta a nuovi incentivi erogati da diverse Regioni. Insomma, senza misure chiare in fatto di certificazione, etichettatura, tracciabilità del prodotto, così come senza una riorganizzazione degli operatori sui mercati, i dati positivi potrebbero presto tornare negativi. Misure di trasparenza del settore e un vero e proprio «marchio del biologico italiano», è anche quanto chiesto da Coldiretti, mentre per la Cia servono «infrastrutture come centri di stoccaggio, di primo confezionamento e di trasformazione, collegate in maniera efficace ala grande distribuzione». Sullo sfondo delle richieste nazionali, è poi l'iniziativa dell'Ue che presto porterà al rinnovamento dell'attuale apparato legislativo.
Richieste di sostegno e intervento, quindi, non mancano nemmeno in questo contesto. Anche se a confortare la situazione c'è un dato di fondo: l'Italia, infatti, ha conquistato il podio nella classifica mondiale del biologico davanti a Stati Uniti e Brasile ed è preceduta soltanto da Australia e Argentina, tutti Paesi che hanno una disponibilità di terreni coltivati enormemente più grande di quella nazionale. Ma, dietro a tutto ciò, ovviamente, c'è l'unico vero giudice della ripresa e della sua effettiva concretezza: il mercato.