Di Françoise Dolto (1908-1988), in dialogo con Gérard Sévérin, et al./Edizioni ha pubblicato l'anno scorso
I Vangeli alla luce della psicoanalisi, e adesso manda in libreria
La fede alla luce della psicoanalisi (pp. 136, euro 16), che è un'altra costola dell'originale francese, apparso unitariamente nelle 416 pagine delle Éditions Gallimard, nel 1996. Allieva e collaboratrice di Jacques Lacan, Dolto è la capofila della psicoanalisi infantile, con la particolarità di essere cattolica, impegnata (giustamente) a dimostrare la compatibilità di Freud (e soprattutto di Lacan) con il Vangelo. Nel nuovo libro, a dire il vero, c'è qualche riserva di compatibilità con l'ortodossia cattolica: per esempio, scrive di Gesù «concepito da Giuseppe e Maria», ma forse è un errore di traduzione, perché due pagine dopo parla di Maria «fecondata dallo spirito di Dio»; non è però un refuso tipografico l'affermazione secondo cui «le religioni [anche le religioni cristiane] pervertono il desiderio profondo dell'essere umano codificando una morale che non ha niente a che vedere con il Vangelo». Quest'ultimo, peraltro, è un punto nodale del pensiero di Dolto, che distingue una «morale oggettiva», utile per il vivere sociale, ma soffocante il desiderio, e un trascendente soggettivo totalmente libero che darebbe accesso al divino. E sorprende che quando Dolto commenta la moltiplicazione dei pani e il discorso di Gesù all'ultima cena, non sfiori neppure la portata sacramentale che ne è il nucleo oggettivo. Anziché insistere sulle perplessità, tuttavia, preferiamo segnalare il positivo di molte suggestioni della risposte di Dolto alle domande, non sempre all'altezza dell'argomento, di Gérard Sévérin. In tal senso, il titolo del libro,
La fede alla luce della psicoanalisi (nell'originale è «al rischio della psicoanalisi») potrebbe benissimo essere rovesciato: infatti, propriamente Dolto tratta «La psicoanalisi alla luce del Vangelo», avvalendosi delle risorse della rivelazione per allargare i confini della ragione per intendere i moti profondi della psiche e dei sentimenti umani, soprattutto dei bambini. E questa è una preziosa indicazione di metodo. Anche sulla distinzione tra "senso di colpa" e "peccato", Dolto ha parecchio da dire, ma lo spazio della rubrica non consente di riferire adeguatamente. Ottimi argomenti sull'ateismo: «Dicono di non credere in Dio, perché hanno fede, speranza, amore, idee, sentimenti incardinati nel corpo e non possono incanalarli nella parola che li unisce, la parola "Dio". Ma trovo che abbiano una fede straordinaria. Hanno fede nel loro ateismo, nella loro ragione logica. Ma il non credente, come viene chiamato, non è mai al riparo dalla tentazione di credere». Nel capitolo sul «risveglio spirituale del bambino», Dolto insiste sull'efficacia del battesimo degli infanti già in fase pre-edipica, e ha parole bellissime sugli angeli custodi, anche se dice che «bisogna insegnare al bambino a criticare l'idea del bene e del male. La nostra educazione ce l'ha insegnata, noi forse non dobbiamo negarla, ma che il bambino sappia che non è quella di Dio!» (e con ciò, tanti saluti alla legge naturale!). Positivo, in ogni caso, è lo slancio vitale del desiderio che Dolto legge anche nelle situazioni estreme: «Credo che un encefalo ferito, malato, anche se non permette più a una persona di pronunciare parola, sia ancora una prova di vita, di desiderio: pur colpito a morte in alcune sue funzioni, l'uomo vive, e questa vita, anche se parziale, si nutre di desiderio». Come si vede anche da questi spunti, la lezione di Françoise Dolto è non solo affascinante, ma arricchente, e merita studi e applicazioni appropriati, disponibili alla critica.