Fra uomo e creazione Riapriamo il dibattito
molto più degli italiani), ci si interrogava insomma sul posto dell’uomo nella natura e sul destino dell’uomo, sui modi in cui l’uomo dovesse e potesse intervenire nella e sulla natura, essendone divenuto, si credeva, suo padrone. Poi, col boom (un “miracolo” tutto economico), i filosofi si occuparono preferibilmente d’altro...
Rileggo in questi giorni non solo Defoe e la fantascienza più dubbiosa sulle «magnifiche sorti» dell’uomo, ma anche Manzoni e Silone. Un accostamento bizzarro? Ma in fondo, il primo era partito dalla fiducia nei lumi e il secondo da quella nell’Internazionale, per affidarsi infine, di fronte ai loro immani fallimenti, a un’Entità superiore, visto che l’uomo da solo non ce la faceva. Si citava molto anche Leopardi, quand’ero giovane... ma chi oggi lo fa cita piuttosto l’Infinito che la Ginestra. Insomma, il virus ci costringe oggi a ritornare sui grandi temi delle riflessioni passate, e guardare con ironia e fastidio alla miseria letteraria e cinematografica, filosofica e politica, di certo antropocentrismo, che sarebbe più giusto chiamare capital–centrismo, di cui è turiferaria la grande maggioranza degli accademici e dei giornalisti. Anna Maria Ortese mi disse una volta che «la creazione è tarata»; un amico prete, Camillo De Piaz, mi disse che compito dell’uomo è migliorarla e che questo ci dice la Bibbia, dalla Genesi sino ai Vangeli. Di cercare un accordo rispettoso tra uomo e natura, cultura e natura... Non sono un filoso e tanto meno uno scienziato, non ho affatto le idee chiare, e chissà se qualcuno ce le ha davvero, ma è forse da qui che si dovrà ripartire. Dal confronto con (e tra) Darwin e Manzoni?