Fondo pensione, aiuto dalla Ue
Esaminato in controluce, il provvedimento risulta particolarmente interessante per il Fondo Inps di previdenza per il clero. Offre infatti, a piene mani, motivi di violazione del principio di parità di trattamento per i sacerdoti gestiti dall'Inps. Tanto numerosi da far apparire l'intero Fondo clero come un provvedimento discriminatorio nei confronti dei ministri di culto, nella loro veste di cittadini italiani a esso iscritti per motivi di religione.
Salta immediata, ad esempio, la discriminazione subita dai sacerdoti divenuti invalidi, ai quali non è consentito un effettivo accesso alla protezione sociale. Infatti non possono ottenere una pensione di invalidità prima di cinque anni dall'ordinazione sacerdotale; non è previsto inoltre il riconoscimento della inabilità, cioè dell'invalidità assoluta, con l'eventuale sostegno di un'indennità di accompagnamento ecc. Misure che sono da tempo patrimonio degli altri assicurati e dei cittadini.
In materia di pensioni, risulta discriminatoria l'età di 65 anni richiesta per la pensione ai sacerdoti che maturano 40 anni di contributi, mentre altrove il requisito dell'età è assente. Il top delle diversità è rappresentato dalla trattenuta di un terzo della pensione clero per i sacerdoti titolari anche di altra pensione. La trattenuta, prevista solo nel Fondo clero, opera perfino quando la pensione sacerdotale è di invalidità oppure quando è stata maturata col versamento dei salati contributi volontari. La riduzione di un terzo della pensione opera per principio, senza alcun collegamento con la situazione reddituale del sacerdote e senza neppure salvaguardare una franchigia di sussistenza, come indicato dalla Corte costituzionale.
I sacerdoti iscritti e i pensionati del Fondo clero potranno far valere il proprio diritto contro ogni discriminazione, presentando opportuni ricorsi in sede amministrativa o giudiziaria. I ricorsi " si legge nella proposta " sono ammessi anche quando la discriminazione sia già cessata. In ogni caso, gli Stati membri dell'Unione sono tenuti a cancellare le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative che abbiano carattere discriminatorio e a stabilire sanzioni in caso di violazione delle norme nazionali che danno attuazione alla direttiva.