La Settimana di aggiornamento pastorale, che si è tenuta nei giorni scorsi a Torraglia (Padova), ha acceso i riflettori sulle condizioni del clero in Italia, da anni in preoccupante calo numerico. Nulla di nuovo sull'età avanzata dei sacerdoti in servizio (nonostante l'arrivo di nuove vocazioni suscitate dai movimenti e dalle nuove comunità), come sui compiti impegnativi e di responsabilità che si assommano in particolare sulla figura del parroco, e che ne fanno uno dei "mestieri" più difficili. Logico quindi che interventi e relazioni si siano incentrati su una presenza attiva dei laici come attori di un rinnovamento pastorale e corresponsabili delle comunità locali accanto ai ministri ordinati. Tuttavia accanto alle riflessioni che impone l'efficacia di un'azione pastorale, non vanno trascurati alcuni inediti effetti del binomio sacerdoti-laici nel campo previdenziale. È ipotizzabile che l'attuale calo numerico dei sacerdoti possa provocare in futuro nuove problematiche nel Fondo Clero. Una previsione, tuttavia, che già oggi può essere bilanciata grazie alla maggiore presenza anche nel Fondo Clero di laici attivi nelle forme pastorali e nella supplenza dei servizi di culto. Da diversi anni, infatti, il Fondo è aperto all'iscrizione volontaria di persone laiche. Questo diritto nasce dall'Intesa tra lo Stato e l'Unione delle Comunità Ebraiche, riportata nella legge 101 del 1989, nella quale è previsto che i rabbini e «i funzionari del culto ebraico», personale indubbiamente laico, possono iscriversi al Fondo Clero. Diventa quindi naturale applicare la parità di trattamento a tutte le altre confessioni religiose, compresa quella cattolica, consentendo l'iscrizione volontaria nel Fondo per i laici che collaborano in maniera continuativa allo svolgimento del culto. A questa evenienza sono interessate, con tutti gli obblighi previdenziali a loro carico, le diverse figure che sostengono le attività parrocchiali: i sacrestani, gli organisti, i lettori, gli accoliti, il coro, e non ultimi a particolari condizioni anche i responsabili dei beni artistici di cappelle, santuari, basiliche ecc. A maggior ragione hanno titolo anche i diaconi permanenti e, negli Ordini maschili, quei religiosi che si avviano al passaggio al clero diocesano.