Una dettagliata segnalazione di don S.M. da Messina richiama l'opportunità di una maggiore chiarezza, presso l'Inps, sulle regole pensionistiche in vigore nel Fondo di previdenza per il clero. In realtà il Fondo ha già regole chiare e sicure, ma l'applicazione che ne ha dato l'Istituto nel caso segnalato offre lo spunto per alcune considerazioni. Si tratta della pensione di vecchiaia anticipata che il Fondo liquida dopo 40 anni di contributi e con 65 anni di età, al posto della pensione ordinaria che si ottiene compiuti i 68 anni e con almeno 20 di contribuzione. La duplice disponibilità di trattamento è giustificata dalla riforma del Fondo dell'anno 2000 che ha imposto alla categoria un brusco aumento dell'età pensionabile ordinaria fissandola ai 68 anni, un requisito anagrafico sconosciuto a qualsiasi altra gestione previdenziale. Ora, secondo alcuni operatori della previdenza sociale, per la «vecchiaia anticipata» si deve aggiungere al requisito dei 65 anni anche l'aumento di 3 mesi collegati alla maggiore speranza di vita, come stabilito dalla riforma Fornero per la generalità dei lavoratori. I tre mesi in più ora richiesti rappresentano in realtà uno spiacevole incidente di percorso, che non può modificare sia la legge di riforma sia le disposizioni interne dello stesso Inps. La riforma Fornero (legge 214/2011), nell'esporre i nuovi requisiti per le pensioni delle varie categorie lavorative, prevede anche, all'art. 13, successivi decreti di "armonizzazione" per tre forme di previdenza che osservano requisiti di pensione diversi, quali i minatori, i ferrovieri e la polizia. Non si cita il Fondo dei sacerdoti, che resta quindi esonerato da uno specifico allineamento al nuovo regime previdenziale. Ed in effetti lo stesso Inps precisa, al punto 11.6 della sua circolare 35/2012, che «le innovazioni della riforma non trovano applicazione nel Fondo di previdenza per il clero». Anche tra le sintetiche informazioni sulla previdenza che l'Istituto espone sul sito internet, notizie ben aggiornate alle numerose novità pensionistiche, si può leggere che «resta confermata l'età anagrafica di 65 anni per i soggetti che possono far valere un'anzianità contributiva pari o superiore ai 40 anni». Oltre a questi espliciti riferimenti, anche il buon senso giuridico considera illogico applicare l'aumento di 3 mesi ai 65 anni della vecchiaia anticipata e non applicarlo all'età dei 68 anni della pensione di vecchiaia ordinaria, peraltro già abbondantemente oltre i nuovi livelli anagrafici.
Ricorsi. Questo inedito ostacolo dell'Inps, apparso presso gli uffici di Terni, costringe purtroppo i sacerdoti interessati a dover presentare un ricorso amministrativo contro il rigetto della domanda di pensione di vecchiaia anticipata, adottato dall'Inps con la motivazione di «non aver maturato il requisito dell'età di 65 anni e 3 mesi». I ricorsi devono essere inoltrati per competenza, via internet, alla Direzione regionale Inps dell'Umbria.