In termini «popolari» si direbbe che la coperta europea diventa sempre più corta, e chi ci deve stare al caldo scalpita e - in fondo - vedrebbe con soddisfazione qualcuno andar via. In termini economici, è possibile dire che le prospettive finanziarie 2007-2013, che la Commissione Europea ha presentato questa settimana, hanno sollevato un vespaio di proteste. C'è chi dice che la coperta sta diventando fin troppo striminzita e chi, invece, dice di non volerne più sapere di tessere altra stoffa. In mezzo l'agricoltura e le sue prospettive.
I termini della questione sono tutto sommato semplici. Da una parte, alcuni Stati membri (Germania, Francia, Regno Unito, Olanda, Austria e Svezia) vorrebbero versare all'Ue meno di quanto fino ad oggi hanno fatto: l'1% del Prodotto interno lordo. Dall'altra, l'allargamento della Comunità ha fatto chiedere il mantenimento dell'aliquota almeno all'1,24%.
Non si tratta di una differenza irrisoria, ma di milioni e milioni di euro che potrebbero dire molto. Anche, e specialmente, per la politica agricola comune. Ma i "grandi pagatori" europei puntano i piedi e la partita è solamente iniziata.
Da qui, la levata di scudi da parte delle organizzazioni dei coltivatori, timorose da una parte di vedersi tagliare ancora i fondi e, dall'altra, di entrare ancora di più in concorrenza con i colleghi dei Paesi dell'Est ormai alle porte. E non basta, perché fra le ipotesi c'è pure quella di far passare la quota di bilancio destinata all'agricoltura dal 48% del 2006 al 38 del 2013.
Tutto ciò, secondo la Cia, minerebbe addirittura le basi stesse della politica agricola comune. Secondo Confagricoltura, invece, il nostro Paese rischia un'incisiva riduzione sia dei fondi sociostrutturali, per oltre il 70% destinati alle Regioni del Mezzogiorno, sia di quelli per lo sviluppo rurale. Anche se - come fanno notare i tecnici Coldiretti - poteva andare molto peggio se la riforma della politica agricola non fosse avvenuta per tempo. Ma - proteste a parte - la prospettiva vera è chiara: i soldi saranno sempre meno per tutti. Occorrerà fare i conti con vincoli maggiori e con diverse modalità di spesa.
Intanto, l'Italia agricola segna il passo. Due gli indicatori. Secondo Ismea , i prezzi dei mezzi correnti di produzione agricoli hanno registrato nel 2003 un aumento del 2,4% su base annua. Ad sollevare la testa tutte le diverse voci di spesa a carico delle aziende agricole. Mentre, stando ai dati più recenti ma limitati all'ottobre scorso, il passivo della bilancia agroalimentare nazionale è arrivato a 5,4 miliardi di euro: 18,5% in più dello stesso periodo del 2002. Si tratta di brutti segnali per i nostri agricoltori. Molto peggio di quelli che arrivano da Bruxelles.