Fondi per l'agricoltura povera
fino ad oggi solo il 17%, pari a 10,5 milioni. In questo modo, a disposizione ci sono 16 milioni di dollari per i progetti agricoli, di cui 5 milioni verranno spesi per la fornitura di circa 6.000 tonnellate di sementi. Il resto sarà investito nella distribuzione di piccole attrezzature per l'agricoltura e per la pesca e di medicine veterinarie. Tutto qui. La contabilità della povertà continua ad essere tutto drammaticamente semplice e senza pietà. Poco conta che, come è stato spiegato dall'italiana Fernanda Guerrieri, responsabile del Servizio Operazioni d'Emergenza della Fao, «oltre alla regione del Darfur ed al sud del paese, esistono in Sudan molte zone dove il cibo è insufficiente e che necessitano di assistenza su vasta scala». Si parla d'altra parte del ritorno di qualcosa come 580mila profughi. In attesa dei soldi, comunque, i tecnici della Fao e gli agricoltori sudanesi sembra lavoreranno insieme per la moltiplicazione di sementi di varietà di piante locali, più facili da coltivate e meno costose. La questione dei soldi per il Sudan, tuttavia, non può non far tornare alla mente il contrasto fra agricolture ricche d'Occidente e agricolture povere del Terzo Mondo. Un contrasto che appare ancora più chiaro nel momento in cui a Bruxelles e in tutta Europa si teme una ulteriore riduzione dei fondi per la Politica agricola comune. Un orizzonte che si sta delineando anche a causa dei risultati dei referendum sulla Costituzione europea. Basta pensare a quanto affermato da Gianni Alemanno, ministro per le Politiche agricole, che ha teso la mano alla Francia e spiegato: «Bisogna stare attenti a non penalizzare il bilancio agricolo nelle future prospettive finanziarie 2007-2013, perchè sappiamo
quanto sia sensibile a questo aspetto la realtà francese». E, in effetti, Parigi, pur tenendo conto delle assicurazioni del proprio ministro agricolo Dominique Bussereau, sembra inquieta sulle possibili conseguenze a livello europeo: «Bisogna - ha spiegato Bussereau - rimanere molto vigilanti, c'è un rischio di destabilizzazione». Insomma, anche se per aspetti assolutamente diversi, ancora una volta l'agricoltura, e le risorse ad essa destinate, sono al centro dell'attenzione politica. Ma solo da una parte c'è la fame.