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Fondi per l'agricoltura povera

Vittorio Spinelli venerdì 3 giugno 2005
Servono soldi per l'agricoltura e per la pace. Non è cosa nuova, si dirà, e con ragione, ma questa volta i fondi occorrono non per le prospere imprese agricole europee, ma per quelle - non certo prospere ma ugualmente importanti - del Sudan. Servono soldi per agevolare la ripresa agricola di quella regione e, come ha sottolineato la Fao, assicurare quindi un passaggio il più possibile indolore verso la pace. Ma, come ovvio, quei soldi in gran parte mancano. L'allarme è stato lanciato dall'Onu ed è chiarissimo: all'appello lanciato qualche tempo fa per mettere insieme le risorse necessarie a portare avanti i programmi di sviluppo nel 2005 sono davvero in pochi ad aver risposto. Dei 62 milioni di dollari richiesti, la Fao ne ha ricevuti
fino ad oggi solo il 17%, pari a 10,5 milioni. In questo modo, a disposizione ci sono 16 milioni di dollari per i progetti agricoli, di cui 5 milioni verranno spesi per la fornitura di circa 6.000 tonnellate di sementi. Il resto sarà investito nella distribuzione di piccole attrezzature per l'agricoltura e per la pesca e di medicine veterinarie. Tutto qui. La contabilità della povertà continua ad essere tutto drammaticamente semplice e senza pietà. Poco conta che, come è stato spiegato dall'italiana Fernanda Guerrieri, responsabile del Servizio Operazioni d'Emergenza della Fao, «oltre alla regione del Darfur ed al sud del paese, esistono in Sudan molte zone dove il cibo è insufficiente e che necessitano di assistenza su vasta scala». Si parla d'altra parte del ritorno di qualcosa come 580mila profughi. In attesa dei soldi, comunque, i tecnici della Fao e gli agricoltori sudanesi sembra lavoreranno insieme per la moltiplicazione di sementi di varietà di piante locali, più facili da coltivate e meno costose. La questione dei soldi per il Sudan, tuttavia, non può non far tornare alla mente il contrasto fra agricolture ricche d'Occidente e agricolture povere del Terzo Mondo. Un contrasto che appare ancora più chiaro nel momento in cui a Bruxelles e in tutta Europa si teme una ulteriore riduzione dei fondi per la Politica agricola comune. Un orizzonte che si sta delineando anche a causa dei risultati dei referendum sulla Costituzione europea. Basta pensare a quanto affermato da Gianni Alemanno, ministro per le Politiche agricole, che ha teso la mano alla Francia e spiegato: «Bisogna stare attenti a non penalizzare il bilancio agricolo nelle future prospettive finanziarie 2007-2013, perchè sappiamo
quanto sia sensibile a questo aspetto la realtà francese». E, in effetti, Parigi, pur tenendo conto delle assicurazioni del proprio ministro agricolo Dominique Bussereau, sembra inquieta sulle possibili conseguenze a livello europeo: «Bisogna - ha spiegato Bussereau - rimanere molto vigilanti, c'è un rischio di destabilizzazione». Insomma, anche se per aspetti assolutamente diversi, ancora una volta l'agricoltura, e le risorse ad essa destinate, sono al centro dell'attenzione politica. Ma solo da una parte c'è la fame.