Fondi europei per la zootecnia
Rimane tuttavia la realtà. Secondo quanto emerso in un recente incontro promosso da Fedagri-Confcooperative (che da sola conta circa 356 strutture a cui fanno capo quasi 13mila associati, più di 17mila occupati e che fattura ogni anno 6,3 miliardi di euro) in tutti i Paesi europei, Italia compresa, si registra una drastica diminuzione del patrimonio bovino, sceso del 12,65%. In Italia, in particolare, il trend delle macellazioni è in continua diminuzione, con un deficit pari al 50% nella produzione di carne. È certo difficile credere che la zootecnia da carne da qui a qualche anno scompaia totalmente, ma alcuni dati fanno comunque pensare in negativo: dal 2003 l'Ue è importatore netto, con un deficit destinato a crescere e già oggi la bilancia commerciale fa segnare un deficit pari al 45 e 50 %.
Ma a questo punto che fare? Per le cooperative " ma la linea è comune al resto del mondo zootecnico " la nuova Politica europea dovrà salvaguardare «forme di aiuto specifico per il settore zootecnico». Strumenti che, viene sottolineato, devono premiare «chi effettivamente produce», oltre che favorire la costituzione e il rafforzamento delle Organizzazioni di produttori affidando loro un ruolo primario nella commercializzazione e quindi per la salvaguardia del reddito degli allevatori. Tutto anche sulla base di alcuni dati di fatto che sono dietro alla semplice diminuzione degli allevamenti e del patrimonio bovino. Non è un segreto, infatti, che la zootecnica italiana continui a soffrire di un sostanziale squilibrio tra domanda ed offerta, ma anche di un pesante aumento dei costi di produzione e degli oneri burocratici, oltre che della crescita dei prezzi delle materie prime per l'alimentazione dei bovini, come mais e altri seminativi.
Anche in questo caso basta poco per capire. Dal settembre 2010 ad oggi, i costi dell'alimentazione sono cresciuti del 30%: qualcosa come 2,40 euro a capo e al giorno. Una crescita che si traduce in un profondo rosso nella gran parte dei bilanci delle aziende zootecniche.
Da tutto questo la richiesta degli allevatori all'Europa di essere comunque difesi. Una domanda che potrà trovare risposte diverse che, tuttavia, probabilmente non conterranno la conferma degli stessi livelli di aiuto diretto. Per questo l'intero comparto si sta dando da fare per trovare strumenti e formule nuove di intervento, oltre che di risparmio, per continuare a sopravvivere. Una strada che passa, oltre che da Bruxelles, anche da Roma: per questo, al Governo è già stato fatto sapere che occorre «ripensare anche una politica nazionale forte» oltre che «misure finanziarie ad hoc».