Non succede spesso di leggere un dialogo tra padre e figlio come questo che ci propongono le edizioni Liberal: Renzo e Vittorio Foa, Noi europei (prefazione di Ferdinando Adornato). Scomparso poco meno che centenario nell'ottobre scorso, Vittorio Foa, dopo l'antifascismo militante, dopo il Partito d'Azione, dopo l'attività sindacale e politica nella sinistra estrema, ha vissuto una lunga e produttiva vecchiaia di "padre nobile" del progressismo e riformismo italiano. Pedagogo ispirato e instancabile, sempre pronto al dialogo e capace di guardare più al futuro che al passato, Vittorio Foa ha ripetutamente discusso in pubblico con suo figlio Renzo, giornalista, direttore prima dell' "Unità" e poi di "Liberal". In questo dialogo appena pubblicato, la cosa più interessante è l'autocritica della sinistra alla luce di un secolo di storia. Ancora più centrale, direi, è la riflessione sull'incapacità europea di capire l'America: un'incapacità ricorrente e anche inspiegabile, che a distanza di decenni paradossalmente accomuna il fascismo e la sinistra di oggi. Non si tratta di semplice antiamericanismo: ma di un complesso intreccio di attrazione e di avversione per gli Stati Uniti, fatto di eccesso di vicinanza, di mitologie fuorvianti, di incomprensione, di soprassalti competitivi o antagonisti, di uno sciovinismo europeistico poco motivato. Prima si scarica sugli americani il compito di occuparsi del mondo politicamente, economicamente e militarmente: poi li si accusa di imperialismo. Facciamo fatica a ricordare che da almeno mezzo secolo noi europei comunichiamo più con gli Stati Uniti che fra noi e che l'America, prima di essere diversa dall'Europa, è anche una realtà che, a distanza, tiene unita l'Europa (e perfino la sua cultura). Una domanda che torna in queste pagine e alla quale neppure gli storici sono riusciti a dare risposta riguarda l'incredibile cecità strategica di Mussolini e Hitler. Nessuno dei due mise in conto l'eccezionale forza economica e militare degli Stati Uniti. Vedevano l'Europa, non la vastità del mondo. Il loro sogno di dominio era provinciale. Così l'America non vinse solo la guerra, vinse anche la pace che seguì.